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Alfano resta al Viminale, leader per costruire un nuovo centrodestra

21 febbraio 2014 | 20.46
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Alfano resta al Viminale, leader per costruire un nuovo centrodestra

La scommessa è iniziata il 16 novembre dello scorso anno, quando ha avuto il coraggio di rompere in modo traumatico con Silvio Berlusconi e di non seguirlo nel ritorno a Forza Italia, continuando poi ad appoggiare il governo di Enrico Letta. Ora Angelino Alfano rilancia e confermato al dicastero dell'Interno cercherà di proseguire la sua traversata nel deserto per approdare alla costruzione di un nuovo centrodestra, che sia tale non solo nel nome del partito. E i toni utilizzati negli ultimi giorni dall'ex delfino nei confronti di Berlusconi e anche la tenacia utilizzata nelle trattative con Matteo Renzi lasciano intendere che vuole andare fino in fondo.

Alfano esordisce in politica nel 1996, quando a soli 26 anni viene eletto deputato dell'Assemblea regionale siciliana con 8.975 preferenze. Figlio d'arte -il padre, Dc, ebbe vari incarichi al Comune di Agrigento- laureato in Giurisprudenza alla Cattolica di Milano, approda in Parlamento per la prima volta nel 2001, riconfermato nel 2006, 2008 e poi alle ultime elezioni.

Coordinatore di Forza Italia in Sicilia nel 2005, nel quarto governo Berlusconi viene nominato ministro della Giustizia, quando lega il suo nome al famoso 'lodo', la legge, poi bocciata dalla Corte costituzionale, che sospende i processi per Capo dello Stato, presidenti delle Camere e presidente del Consiglio. Lascia il dicastero di via Arenula nel luglio 2011, perche' Silvio Berlusconi, dopo le pesanti sconfitte alle amministrative di primavera, lo chiama alla segreteria del Pdl, carica che viene introdotta in quel momento. Gli ultimi suoi atti da Guardasigilli sono l'approvazione del codice antimafia e della semplificazione del processo civile.

"Dobbiamo lavorare per un partito degli onesti", dice al momento dell'insediamento, frase che fa il paio con "la mafia ci fa schifo" pronunciata ai ai microfoni di Rai 2 nel 2005. "Appartengo -spieghera' poi in un'altra intervista- a una generazione che andava alle elementari quando hanno ucciso Mattarella, alle medie quando hanno ammazzato Dalla Chiesa, all'universita' quando sono saltati in aria Falcone e Borsellino. Noi abbiamo il marchio a fuoco dell'antimafia''.

Parole che possono essere considerate profetiche alla luce dell'incarico di ministro dell'Interno che assume nel governo Letta, e oggi confermato. Sposato con Tiziana Miceli, il ministro, che lascia però l'incarico di vicepremier, ha due figli maschi.

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