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Riforme: ira Renzi su Senato, bloccano cambiamento

23 luglio 2014 | 20.16
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Raccontano che Matteo Renzi sarebbe furibondo. Sia per i tempi del dibattito a palazzo Madama (un'ora e mezzo per votare un emendamento. Ne restano appena altri 8000...) sia per la decisione del presidente Pietro Grasso sul voto segreto. Una decisione che ha profondamente irritato il Pd, sia nel merito che per l'atteggiamento di Grasso. "Nell'arena del Senato -si osserva- c'è anche Grasso a fare la sua partita...".

Quanto sta accadendo, sarebbe il ragionamento del presidente del Consiglio, rende evidente a tutti che i senatori (alcuni per lo meno, e Grasso farebbe parte della lista) non si vogliono autoriformare. E non si esclude un affondo del premier, nelle prossime ore, sui costi dell'attuale Senato, per mettere in chiaro la posta in gioco. "Così non c'è alcuna possibilità di chiudere entro la pausa estiva e, con il voto segreto, c'è pure il rischio di andare sotto -si ragiona in ambienti Pd al Senato- Di per sè, andare sotto, non sarebbe una tragedia. Poi si aggiusta alla Camera. Ma Renzi ci ha messo la faccia sulle riforme e l'aspetto simbolico potrebbe prevalere sul resto...".

Quale la strada per uscire dallo stallo? Intanto si guarda all'incontro tra Grasso e il presidente Napolitano perchè ci sia un 'ravvedimento' sulla questione voto segreto. Detto questo, al Senato l'ipotesi prevalente è quella di un possibile accordo politico che coinvolga Lega e Sel (l'apertura oggi di Nichi Vendola è stata notata) e che, oltre le riforme, vada a toccare in modo particolare l'Italicum. "Se c'è un accordo del genere, il 5 agosto abbiamo finito. Pure prima". Ma c'è anche un'altra ipotesi che circola a palazzo Madama, alimentata da chi vede invece piuttosto improbabile un accordo di questo tipo. "Al Senato pasdaran come De Petris e Petrella non seguono Vendola". Quindi, persa per persa, a palazzo Madama inizia a circolare un'idea. I rumors senatoriali parlano di un rinvio dell'esame delle riforme a fine agosto, per incardinare invece subito l'Italicum. A quel punto la minaccia del voto anticipato, rilanciata tra ieri e oggi da diversi renziani, apparirebbe un po' meno spuntata.

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