cerca CERCA
Giovedì 25 Aprile 2024
Aggiornato: 21:37
10 ultim'ora BREAKING NEWS

Riforme, al via maratona Senato: la deadline è l'8 agosto ma senza intesa sarà dura

27 luglio 2014 | 15.24
LETTURA: 5 minuti

Patto Nazareno alla prova di voti segreti e migliaia di emendamenti. Per superare l'impasse si spera nella mediazione dei relatori Finocchiaro e Calderoli. Terreno di confronto l'elezione del capo dello Stato, referendum e politica di bilancio. La sorpresa finale sarebbe l'apertura sulla riduzione del numero di deputati. Renzi: "Pensano di far arrabbiare me ma si arrabbiano i cittadini"

Riforme, al via maratona Senato: la deadline è l'8 agosto ma senza intesa sarà dura

Si apre domani la settimana cruciale per la riforma costituzionale. Nuovo Senato, nuova ripartizione di competenze tra Stato e regioni, abolizione del Cnel. Solo l'ultimo dei punti che danno il titolo al ddl sul quale sono relatori Anna Finocchiaro (Pd) e Roberto Calderoli (Lega) non dà pensieri al governo che di questo provvedimento fa un po' il cardine di un'intera filosofia legata, aldilà del patto del Nazareno con Silvio Berlusconi di cui è parte integrante, alla nuova immagine dell'Italia che sa modernizzarsi per riprendere a correre.

Secondo il calendario approvato dalla conferenza dei capigruppo di palazzo Madama, l'aula tornerà a discuterne dopo l'approvazione del decreto cultura, quindi a partire da martedì, con sedute-fiume, dal mattino a mezzanotte, tutti i giorni, weekend compresi. Una maratona che sulla carta, in base ai tempi contingentati decisi per fiaccare l'ostruzionismo, prevede 115 ore complessive, di cui 80 ore dedicate alle votazioni (gli emendamenti sono circa 7.800).

Sono ben 920 le richieste di voto segreto, anche se il presidente del Senato Pietro Grasso lo ha ammesso solo sugli emendamenti relativi alle minoranze linguistiche (che non sono una manciata ma che saranno sforbiciati con la regola del 'canguro') e a quelli che a norma di Regolamento fanno richiamo ai i rapporti etico-sociali ed etico-civili tutelati dalla Costituzione ma soltanto ove riferiti alle funzioni delle Camere e non al procedimento legislativo. L'obiettivo fissato dalla capigruppo è che il voto finale si tenga l'8 agosto, ma a molti senatori esperti, a cominciare da Calderoli, appare una data scritta sulla sabbia, in assenza di un'intesa.

Se questa è la fotografia della situazione allo stato degli atti, più fluida appare la dialettica politica, aldilà della contrapposizione muro contro muro creatasi giovedì scorso con il plateale 'fronte' delle opposizioni (Sel, Lega, M5S, dissidenti Fi e Pd) e relativa 'visita' al Quirinale.La 'sorpresa', se vi sarà, uscirà dal cilindro dei relatori, in una complessa triangolazione con il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, lo stesso premier Matteo Renzi e le opposizioni. A questo si riferiva il presidente del Senato quando al termine di una giornata in cui si è ritrovato a essere "tirato per la giacchetta" aveva detto: "C'è tempo perché la politica continui a fare il suo corso" e "speriamo che il fine settimana porti consiglio".

E quali sono le aperture possibili in grado di ammorbidire il blocco delle opposizioni? Il massimo sarebbe di riuscire a inserire una forma di partecipazione del corpo elettorale all'elezione dei senatori. Se è granitica l'ostilità del premier a una soluzione 'secca' di questo tipo, tuttavia un buon segnale sarebbe rappresentato, per esempio, dalla possibilità che in sede di elezione del Consiglio regionale, all'elettore venisse data la possibilità di un voto 'dedicato' rispetto a un candidato 'consigliere-senatore'.

Altro nodo da sciogliere, ma che per le opposizioni rappresenterebbe un'apertura significativa, è il riequilibrio del Parlamento in seduta comune nel rapporto tra Camera e Senato, immaginando di integrarlo, come proposto da diversi emendamenti, con gli europarlamentari italiani, o di prevedere una forma di partecipazione diretta dei cittadini all'elezione nel caso di una mancata 'fumata bianca' dopo un certo numero di scrutini. Tema sentito dalle opposizioni anche la possibilità di una maggiore partecipazione del Senato al controllo sul bilancio dello Stato. C'è, inoltre, la questione degli strumenti di democrazia diretta. E' vero che alle leggi di iniziativa popolare viene data certezza di esame da parte del Parlamento, ma il numero delle firme necessarie è stato portato da 50mila a 250mila. A questo si aggiunge l'innalzamento del numero di firme per la presentazione dei quesiti abrogativi: da 500mila a 800mila.

Una 'sforbiciata', magari di ulteriori 100mila firme rispetto addirittura al milione inizialmente previsto, rappresenterebbe un segnale di apertura. Così come fra i dissidenti del Pd e le opposizioni non è del tutto tramontata la speranza che si arrivi a parlare anche di un'altra, ben più politicamente rilevante, sforbiciata: al numero dei deputati. Passi la nuova configurazione del Senato, ma perché se si vuole intervenire sui costi della macchina politica il numero degli inquilini di Montecitorio deve restare lo stesso?, è il ragionamento che fanno molti.

Su questo, d'altronde, vertono centinaia e centinaia di emendamenti presentati: oltre a quelli pittoreschi che danno alla Camera nomi come 'Gilda', 'Duma', 'Corporazione', ve ne sono moltissimi che si sbizzarriscono sul numero dei componenti: dai 300 in su. Al momento, invece, in aula il testo emendato dai relatori così come licenziato dalla commissione Affari costituzionali, prevede un Parlamento composto dalla Camera che non vede intaccata la propria composizione, mentre il Senato passa dagli attuali 315 componenti più i senatori a vita e di diritto a 95 senatori rappresentativi delle "istituzioni territoriali" più cinque nominati dal presidente della Repubblica. Sono i Consigli regionali ad eleggere con metodo proporzionale i senatori fra i propri componenti e fra i sindaci (uno soltanto) dei comuni dei rispettivi territori. I seggi fra le regioni vengono suddivisi in proporzione alla rispettiva popolazione e la durata del mandato dei senatori non va oltre la durata dei singoli Consigli.

Una legge di Camera e Senato dovrà però regolare come attribuire i seggi e come eleggere i senatori tra i consiglieri e i sindaci, nonché come sostituirli. In ogni caso, i seggi sono attribuiti "in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio", anche se in sede di prima applicazione si prevede che "ogni consigliere può votare per una sola lista di candidati, formata da consiglieri e da sindaci dei rispettivi territori". Quest'ultimo passaggio, però, suscita parecchi malumori perché reintrodurrebbe il meccanismo dei listini bloccati. Restano, infine, l'immunità dall'arresto, per il quale sarà necessaria l'autorizzazione dell'assemblea, così come lo sarà per sottoporre a intercettazioni un senatore.

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL



threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram
ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza