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Riforme, Berlusconi indisposto: salta l'incontro con Renzi

28 luglio 2014 | 13.45
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Allarme in Forza Italia sulla tenuta del Patto del Nazareno. Lettera del premier ai senatori della maggioranza: "Da voi dipende il futuro del Paese". Grillo a Roma per la riunione congiunta dei gruppi parlamentari del Movimento: "Faremo guerriglie democratiche". Morra: "In autunno un grande evento con il leader del M5S per fermare Renzi"

Riforme, Berlusconi indisposto: salta l'incontro con Renzi

Non si terrà martedì l'incontro tra il premier Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Lo conferma a SkyTg24 Paolo Romani. ''C'è una leggera indisposizione del presidente Berlusconi che dovrebbe impedire l'incontro'', spiega il presidente dei senatori di Fi.

Nuove nubi si addensano sul ddl riforme: oltre ai maldipancia di senatori della maggioranza, è l'altra gamba che sembra traballare, quella che poggia sul patto Renzi-Berlusconi. In una lettera ai senatori della maggioranza il premier parla di nodi ancora aperti sulla legge elettorale, si fa riferimento esplicito alle preferenze, che da Forza Italia sono sempre state escluse. La faccenda viene presa subito sul serio dal capogruppo azzurro a palazzo Madama, Paolo Romani, che esclude modifiche all'Italicum come uscito dalla Camera e precisa che le "eventuali" modifiche andrebbero comunque concordate con Berlusconi.

Ma quando arriva la notizia dell'indisposizione di Berlusconi nel gruppo azzurro si diffonde la sensazione di un calo di tensione nella tenuta del Patto del Nazareno, proprio alla vigilia della ripresa delle votazioni, martedì in aula, sugli emendamenti al ddl sulle riforme costituzionali, viene 'letto' da diversi senatori azzurri. Un 'sentiment' non certo attenuato dall'attivismo della fronda Fi, che ha mantenuto i contatti con i dissidenti Pd e le opposizioni di M5S e Lega, anche con una riunione presso l'ufficio del senatore dem Vannino Chiti in cui si sarebbe confermata la linea di giovedì scorso che ha portato alla manifestazione al Quirinale.

Ma è il fatto stesso del rinvio dell'incontro tra Berlusconi e Renzi, con la prospettiva di un'assenza del Cavaliere dalla capitale per l'intera settimana, a dare la stura a scenari di ogni tipo. Da martedì, infatti, si apre un percorso di guerra sul ddl riforme: ogni votazione sarà decisiva e potrebbe bastare poco per far passare un emendamento in grado di scardinarne l'impianto.

Nei conciliaboli di queste ore, malgrado l'impegno del capogruppo Paolo Romani, nessuno fra i senatori Fi sembra essere sicuro della tenuta monolitica dei colleghi. Molti si trincerano dietro la sovranità dell'aula, come anticamera della ben più dirompente 'libertà di coscienza' che potrebbe prevalere e che si tradurrebbe facilmente in un 'tana libera tutti' dalle conseguenze imprevedibili.

Per il Pd è stata una lunga giornata di trattative sulle riforme, aperta dalla lettera ai senatori di maggioranza di Renzi, che tra l'altro faceva accenno alla disponibilità sulla legge elettorale. Una disponibilità raccolta dalle minoranze del partito. In realtà, a quanto si apprende, già da qualche giorno sarebbe ripreso il filo del dialogo con Vannino Chiti, che nelle prossime ore potrebbe fare un passo in avanti sulla riduzione del numero degli emendamenti.

Una proposta, quella di Chiti, che sarebbe vista di buon occhio dal governo, ma Renzi resta scettico sul fatto che possa essere accettata dal M5S. In sostanza, si tratterebbe di un nuovo approccio basato su pochi punti che verrebbero sottoposti al governo. Un approccio che potrebbe portare alle dichiarazioni di voto entro l'8 agosto e al rinvio del voto finale al 2 settembre. ''Ma loro devono ritirare gli emendamenti - dice Renzi al suo entourage -. Se vogliono una settimana in più gliela diamo, se vogliono bloccare tutto diciamo no''.

Un tam tam insistente, serrato, per evitare uno scontro con 'morti e feriti' sul campo di un Senato reso ingovernabile da ostruzionismo, proteste, di ogni genere, compresa un'ipotetica occupazione. E' quello messo in campo da diversi 'sminatori' a palazzo Madama e di cui alla fine si fa in qualche misura portavoce Chiti, con la proposta di rimodulazione del calendario dei lavori per il ritorno ad un confronto politico costruttivo.

La proposta verrebbe formalizzata martedì mattina in aula, alla prima occasione utile, compresa la verifica di un rischio di mancanza del numero legale. E' probabile che anche le opposizioni si pronuncino formalmente sulla proposta, che però dovrà fare i conti con la condizione esplicitata in serata dal premier e che si dovrebbe tradurre nell'ultima offerta del capogruppo Pd Luigi Zanda davanti all'assemblea. A quel punto dovrebbe essere una conferenza dei capigruppo convocata dal presidente del Senato Pietro Grasso a decidere il percorso.

Si tratterebbe, in sostanza, di rinviare ai primi di settembre solo il voto finale sul provvedimento mentre l'articolato, reso sostanzialmente più leggero con l'eliminazione di qualche migliaio di emendamenti sui quasi ottomila totali, dovrebbe aver ottenuto il via libera prima della pausa estiva. Avendo partecipato alle riunione che si sono susseguite nell'ufficio di Chiti, alla partita non potrebbero considerarsi estranei (se non altro perché sono loro ad aver fatto la parte del leone con gli emendamenti) i senatori di Sel. Che però, a quanto si è appreso, chiariranno le loro condizioni soltanto martedì, quando sarà la capogruppo Loredana De Petris a prendere la parola in aula.

Nella lettera ai senatori della maggioranza sulle riforme Renzi ha scritto: "Dalla vostra capacità di tenuta dipende molto del futuro dell'Italia. Siamo chiamati a una grande responsabilità: non la sprecheremo". "All'inizio di questa settimana così impegnativa avverto il bisogno di scrivere a voi che con il vostro sostegno garantite la fiducia e la maggioranza al governo", spiega il premier.

"Stiamo realizzando un'impresa. Una legislatura nata con le difficoltà che ricordiamo può segnare una svolta nella storia repubblicana. La modifica costituzionale di cui state discutendo supera il bicameralismo perfetto, semplifica il processo legislativo, riequilibra il rapporto Stato Regioni, abolisce il Cnel, disegna uno Stato più efficace e semplice -si legge ancora nella lettera-. Una rivoluzione del buon senso in linea con le principali esperienze costituzionali europee. Si può essere d'accordo o meno con questa riforma: definirla svolta autoritaria però significa litigare con la realtà".

Legge elettorale - Per Renzi, "un provvedimento del genere potrebbe da solo dare il senso di un'intera esperienza politica. Ma per noi deve essere solo l'inizio". Il premier fa riferimento alla seconda lettura della legge elettorale in Senato. La discussione del Senato consentirà di affrontare i nodi ancora aperti: preferenze, soglie, genere", scrive ancora Renzi

Giustizia e lavoro - "E, da settembre, si riparte con il programma dei mille giorni: la questione giustizia, la riforma del terzo settore, la delega fiscale, la riforma del mercato del lavoro, il piano infrastrutture, la semplificazione della pubblica amministrazione", spiega sempre Renzi.

"Solo le riforme strutturali ci consentiranno di essere credibili per usare la flessibilità necessaria a far ripartire l'occupazione e la crescita. Abbiamo mille giorni per riportare l'Italia a fare l'Italia. Dopo ognuno farà le proprie scelte in libertà e rispetto. Ma i giorni che abbiamo davanti non possono essere buttati via. Non ce lo possiamo permettere noi, non se lo possono permettere gli italiani".

Renzi sollecita i senatori a non buttare via i prossimi giorni e prosegue: "Stiamo vivendo un momento molto delicato soprattutto sotto il profilo internazionale: l'Ucraina, la Siria e l'Iraq, il Medio Oriente e la Terra Santa per tacere della Libia che per noi italiani è il problema più prossimo. In questa cornice sta sulle nostre spalle la responsabilità di fare dell'Italia e dell'Europa i luoghi di un dialogo possibile che affermi le ragioni della pace e della speranza".

"E' umiliante discutere di argomenti assurdi" ma "verrà il giorno in cui finalmente anche certi 'difensori' della dignità delle Istituzioni si renderanno quanto male fa al prestigio del Senato e del Parlamento mostrarsi ai cittadini come si stanno mostrando oggi".

"I giorni che abbiamo davanti non possono essere buttati via. Non ce lo possiamo permettere noi, non se lo possono permettere gli italiani", conclude il premier.

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