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Grillo attacca Renzi: "Una volta era il paladino dell'articolo 18"

22 settembre 2014 | 13.01
LETTURA: 5 minuti

Il leader cinquestelle lancia #CoeRenzie, quando premier difendeva art. 18. E Casaleggio profetizza: "Morte dei quotidiani entro dieci anni è una certezza, solo i giornalisti non se ne accorgono"

Grillo attacca Renzi:

"#CoeRenzie: quando Renzie difendeva l'articolo 18". Lo scrive Beppe Grillo in un tweet, coniando l'hashtag #CoeRenzie e rilanciando un post pubblicato sul suo blog e firmato da Tze Tze, uno dei portali della Casaleggio associati. "Renzie da paladino dell'articolo 18 - si legge sul blog - è diventato improvvisamente ultraberlusconiano, tanto da guadagnarsi il plauso nientepopodimeno che di Brunetta".

"Cosa è successo? - prosegue il post - Chi ha votato Pd nel 2013 sapeva che l'unica misura per il lavoro proposta dal loro partito sarebbe stata la "rimodulazione" dell'articolo 18? E i precari? E l'IRAP? E la tassazione al 44%? Perché togliere una garanzia al lavoratore che pesa sulle aziende senza dare alla persona un sostegno (presente in tutta Europa a parte Italia e Grecia) come il reddito di cittadinanza? Quando è avvenuta la giravolta di Renzie? Al buio del Nazareno?". "Ospite di Michele Santoro nell'aprile del 2012 - ricorda dunque il blog di Grillo con tanto di video in bella vista - incalzato sulla necessità di riformare lo Statuto dei lavoratori, Renzi disse: 'In questo momento nel mio territorio ci sono almeno 3 crisi aziendali di aziende di 150 persone che hanno deciso dalla mattina alla sera di chiudere e di andarsene. L'articolo 18 per loro non è un problema e per quel lavoratore non è una sicurezza. Ho detto sull'articolo 18 e lo ripeto qui che non ho trovato un solo imprenditore, in tre anni che faccio il sindaco, che mi abbia detto: 'Caro Renzi, io non lavoro a Firenze o in Italia, non porto i soldi, perché c'è l'articolo 18'. Nessuno me l'ha detto. Non c'è un imprenditore che ponga l'articolo 18 come un problema. Perché, mi dicono, c'è un problema di burocrazia, di tasse, di giustizia, non dell'articolo 18. E non ho mai trovato neanche un ragazzo, precario, che mi abbia detto: 'sogno l'articolo 18'. Per quello che mi riguarda l'articolo 18 è un problema mediatico. E' un problema che si è posto soltanto nel dibattito mediatico'".

Casaleggio - "Contrariamente all'ignoranza artificiosa di giornalisti, il futuro dei quotidiani è una delle poche certezze del panorama attuale: la maggior parte di loro scompariranno, in questo decennio". Gianroberto Casaleggio lo scrive sul blog del leader, spiegando: "Se lavori in un giornale e non sai cosa è successo alla vostra diffusione o alle vostre entrate negli ultimi anni, ora potrebbe essere un buon momento per chiedere".

Il cofondatore del M5S, anticipa sul blog una nuova iniziativa che riguarda proprio la presunta fine dei quotidiani: "Questo primo post sulla morte dei giornali sarà inserito nello studio 'Press obituary' - spiega - di prossima pubblicazione su questo blog. La fine dei giornali è una delle cose più prevedibili del nostro futuro, gli unici che non lo sanno ancora sono i giornalisti".

"Clay Shirky nel suo articolo 'Last call' ha scritto: 'Molte persone si sono lamentate dell'imprevedibilità dei media provocata dall'arrivo dei dispositivi e delle reti digitali, ma la lenta implosione dei giornali è stata ampiamente e correttamente prevista da qualche tempo. I ricavi della stampa sono scesi del 65% in un decennio, il 2013 ha visto il picco più basso mai registrato, e il 2014 sarà peggio'. Avete letto bene stampa e ricavi sono scesi del 65% in un decennio e nel 2014 andrà peggio", rimarca Casaleggio. "Shirky fa riferimento al mercato americano dove i giornali non sono finanziati dallo Stato con contributi diretti e indiretti.

In Italia quindi - illustra Casaleggio - la situazione è ancora peggiore, senza i soldi dello Stato la maggior parte dei quotidiani chiuderebbe già domani mattina. Di che vivono i giornali italiani a parte della carità dello Stato? Di copie vendute (sempre meno) e di pubblicità, ma la pubblicità sta abbandonando i giornali per Internet", come si evince da un grafico che il guru del M5S riporta sul blog. "In pratica - sintetizza Casaleggio - siamo tornati agli investimenti pubblicitari dell'inizio degli anni '50 e la pubblicità sulle edizioni on line è marginale o ininfluente e non compensa minimamente le perdite, il più delle volte l'edizione on line è un puro costo come vedremo in un prossimo post".

Quindi la chiusa al vetriolo: "Contrariamente all'ignoranza artificiosa di giornalisti, il futuro dei quotidiani è una delle poche certezze del panorama attuale: la maggior parte di loro scompariranno, in questo decennio. (Se lavori in un giornale e non sai cosa è successo alla vostra diffusione o alle vostre entrate negli ultimi anni, ora potrebbe essere un buon momento per chiedere.) Siamo così avanti nel processo che possiamo anche predire le probabili circostanze della sua conclusione".

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