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Lavoro: Renzi, grazie a chi ha approvato Jobs act, avanti su riforme

25 novembre 2014 | 19.23
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Montecitorio approva con 316 si e 6 no ma il Pd non vota compatto, 29 deputati escono dall'aula. Tra questi Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Rosy Bindi, il presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia, Ileana Argentin, l'ex ministro Massimo Bray, Alfredo Dattorre, Davide Zoggia e Barbara Pollastrini

 Matteo Renzi, (Infophoto) INFOPHOTO
Matteo Renzi, (Infophoto) INFOPHOTO

Dopo settimane di polemiche, la Camera approva il jobs act con 316 sì e 6 no. Il testo ora torna all'esame del Senato. Non hanno partecipato al voto le opposizioni e un gruppo di deputati del Pd, come annunciato da Fassina, mentre la componente di Pippo Civati si è espressa contro. Soddisfatto il premier: "Grazie ai deputati che hanno approvato il Jobs act senza voto di fiducia. Adesso avanti sulle riforme. Questa è #lavoltabuona", ha scritto su Twitter.

Gianni Cuperlo, Stefano Fassina, Rosy Bindi, il presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia, Ileana Argentin, l'ex ministro Massimo Bray, Alfredo Dattorre, Davide Zoggia e Barbara Pollastrini. Sono alcuni dei 29 deputati del Pd che alla fine hanno espresso la loro contrarietà al jobs act uscendo dall'Aula della Camera.

"Abbiamo apprezzato l'impegno della commissione Lavoro e riconosciuto i passi avanti compiuti su singole norme" ma, spiegano in una dichiarazione, "l'impianto complessivo del provvedimento rimane non convincente". Di questo fa parte "l'avvio di ammortizzatori sociali per gli 'esclusi', il cardine del provvedimento", a cui "si dedicano solo 200 milioni di euro a fronte della promessa dote iniziale di 1,5 miliardi per il 2015" dicono.

E poi "si cancella la possibilità del reintegro per chi viene licenziato senza giustificato motivo mentre si prevede un canale per specifiche, ma ancora indefinite, fattispecie di violazioni disciplinari". Ma ciò che preoccupa gli esponenti del Pd è "il cedimento culturale all'idea che la libertà di impresa coincida con vincoli da abolire per consentire finalmente 'il diritto di licenziare'".

"Noi non ci sentiamo di esprimere un voto favorevole su jobs act" aveva annunciato Gianni Cuperlo, perché "il punto a cui si è arrivati non è soddisfacente. Il problema non è come licenziare ma come assumere". Caduti nel vuoto dunque gli appelli all'unità del presidente dell'assemblea Dem Matteo Orfini il quale sperava, "per rispetto della discussione fatta e dei cambiamenti apportati, si voglia fare tutti un ultimo sforzo in Aula".

Pierluigi Bersani, parlando a 'Radio Radicale', aveva detto: "Per la parte che condivido voto con convinzione, per la parte che non condivido voto per disciplina perché sono stato segretario di questo partito e se c'è qualche legno storto da raddrizzare penso che lo si possa fare solo nel Pd".

Ha votato no rimanendo in Aula Francesco Saverio Romano di Forza Italia mentre Massimo Corsaro di Fratelli d'Italia-An ha votato sì in dissenso dal gruppo. Sel non ha partecipato al voto.

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