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M5S: da Tavolazzi a Gambaro, i 'cartellini rossi' del Movimento

27 novembre 2014 | 20.06
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E' gia' lunga la lista degli esponenti grillini costretti a lasciare, ma la prima espulsione risale addirittura al 2012, prima del successo elettorale

Oggi la Rete ha decretato l'espulsione dal M5S sono i deputati Paola Pinna e Massimo Artini, accusati di non aver rendicontato le spese e restituito i soldi versando al fondo per le Pmi, ma la lista dei 'cartellini rossi' comminati dal web, 'arbitro' delle partite interne al Movimento di Grillo e Casaleggio, è lunga. Tra i primi parlamentari costretti via internet a lasciare il campo è stato nel 2013 il senatore Marino Germano Mastrangeli. Il 'fallo' commesso, secondo i suoi accusatori, sarebbe stato di prediligere le trasmissioni televisive alle presenze in Parlamento. Espulso.

Stessa sorte e sempre nel 2013, per la senatrice Adele Gambaro, cacciata dal Movimento dopo il voto web. L'accusa ufficiale è di aver diffamato il M5S, ma c'è chi ha letto in questa espulsione una rappresaglia dopo le critiche mosse alla strategia comunicativa di Grillo. Solidali con Gambaro e in polemica con la gestione verticistica del Movimento passano al gruppo Misto anche le senatrici Paola De Pin e Fabiola Anitori e il deputato Adriano Zaccagnini.

Nel febbraio di quest'anno altre espulsioni. A fare le spese del voto in rete sono i senatori Luis Alberto Orellana, Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino e Lorenzo Battista. Un'espulsione dovuta, secondo i vertici del Movimento e le motivazioni ufficiali, ad una scarsa presenza dei quattro parlamentari sul territorio. A fine febbraio lasciano il gruppo senatoriale per passare al Misto Maria Mussini, Monica Casaletto, Maurizio Romani, Alessandra Bencini e Laura Bignami, mentre alla Camera lasciano il M5S Ivan Catalano e Alessio Tacconi. Il mese successivo Bencini, Bignami, Casaletto, Mussini e Romani vengono definitivamente espulsi. Per trovare il primo caso di espulsione dal M5S bisogna tornare indietro di due anni, quando Grillo decide di cacciare il consigliere comunale a Ferrara Valentino Tavolazzi, reo di aver sostenuto con decisione una convention di attivisti non gradita ai vertici del Movimento.

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