cerca CERCA
Giovedì 28 Marzo 2024
Aggiornato: 13:34
10 ultim'ora BREAKING NEWS

Pd: minoranza fredda con Landini, con Renzi clima torna teso

23 febbraio 2015 | 19.18
LETTURA: 4 minuti

Solo Civati per il dialogo con il leader Fiom. Gotor spiega: "La nostra traiettoria è nel partito". Intanto il 'Jobs act' viene considerato una "ferita" e la minoranza si prepara, guerra no ma ci faremo sentire.

Matteo Renzi - INFOPHOTO
Matteo Renzi - INFOPHOTO

"Parlerò con Maurizio Landini, non attraverso un'intervista, ma di persona, personalmente". Pippo Civati fa passare giusto 24 ore dall'intervista con cui Maurizio Landini annuncia la sua discesa in campo e dal suo blog lancia un ponte verso il leader della Fiom. Esplicitamente, Civati sollecita anche tutte le minoranze Pd, "che hanno molto traccheggiato nella speranza che il premier cambiasse verso. Ma lui il verso non lo cambia".

Le minoranze, però, non hanno risposto all'appello. Le prese di posizione rispetto all'annuncio di Landini si contano, infatti, su meno delle dita di una mano. E non è solo una questione di forma, o perchè lo stesso sindacalista con il passare del tempo è andato ridimensionando le sue parole. E' che il tema, dal nuovo fronte a sinistra alla fascinazione di un Podemos italiano passando per la scissione, proprio non interessa agli anti renziani 'dem'.

Lo spiega con chiarezza Miguel Gotor: "Il discorso di Landini è prematuro. Certo, va guardato con attenzione ma noi abbiamo un'altra traiettoria che è dentro il Pd, impegnati al massimo a dare una rappresentanza politica e sociale alla sinistra riformista". Il senatore bersaniano la direzione ce l'ha ben chiara: "Noi dobbiamo evitare derive neo centriste, un rischio concreto. Un Landini radicale -dice all'Adnkronos- fa il gioco di un Renzi neo centrista, esattamente come un Salvini a destra. Mi rendo conto che è un equilibrismo difficile, ma la nostra funzione è questa".

Speranza critica il governo - premier accusato di aver 'tradito' mediazione

Così oltre a Sel ("noi siamo già parte della sfida" lanciata da Landini, dice Nicola Fratoianni) e i casi di Civati e Corradino Mineo (che agita il fantasma di Pirro per ammonire Renzi sul rispetto per chi perde le battaglie) tra i democratici gli scenari legati una discesa in campo del leader della Fiom non trovano presa. Il quadro muta, e di tanto, quando di fronte alle minoranze Pd invece si parla di Renzi: qui le motivazioni non mancano.

"La ferita del Jobs act lascia il segno", è il 'refrain' della sinistra dem in queste ore. Non una dichiarazione di guerra, "perchè nessuno pensa a fare gli sfasciatutto specie ora che il Paese riparte, non si tratta di vendicarsi". Ma qualche problema per il premier/segretario in Parlamento potrebbe arrivare. Tra l'altro, buona parte della sinistra del partito si sente tradita da come Renzi ha condotto la partita 'Jobs act': "Da domani, visto come è andata a chi l'ha fatta, chi è che si prende la responsabilità di mediare?", è il ragionamento.

E proprio la trattativa con Renzi, dopo il no ai pareri del Parlamento sul Jobs act, che viene ritenuta una strada impraticabile. Persino il capogruppo alla Camera Roberto Speranza, sempre attivo sul terreno dell'incontro, si è lamentato: "Il governo ha sbagliato". Le occasione per discutere non mancheranno. A parte l'Italicum, che però non è così prossimo a tornare a Montecitorio, ci sono le riforme: se, come sugli emendamenti, le opposizioni saranno in assetto di guerra il governo avrà bisogno di un Pd compatto per il voto finale in programma ai primi di marzo. Alcuni esponenti dem dicono anche il Dl fiscale, poi il falso in bilancio. Altri temi li ha indicati esplicitamente Gianni Cuperlo: "Sui diritti umani e civili ci vediamo in Parlamento e nel Paese". E sull'articolo 18, via Consulta o via referendum, potrebbe non essere stata detta l'ultima parola.

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL



threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram
ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza