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Senato: infuria derby tra giuristi, dubbi di Cassese su revoca vitalizi

25 marzo 2015 | 14.40
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Arrivati ai componenti del Consiglio di presidenza altri cinque pareri sulla riforma dopo quello contrario di Mirabelli al quale aveva ribattuto Grasso in persona

L'aula del Senato - (Foto Infophoto)
L'aula del Senato - (Foto Infophoto)

Revoca dei vitalizi ai parlamentari condannati per gravi reati: si può, non si può? E' legittimo, è illegittimo sotto il profilo costituzionale? La querelle infuria dietro le quinte a palazzo Madama, sia pure in punta di diritto e a suon di citazioni. Sono arrivate nelle ultime ore ai componenti del Consiglio di presidenza, altri pareri di insigni giuristi in cui si sviscerano le ragioni, i pro e i contro di un orientamento del 'governo' di palazzo Madama, ossia il Consiglio di presidenza, in cui il peso del presidente Pietro Grasso, favorevole -come Laura Boldrini alla Camera- alla legittimità della revoca ha un suo peso non indifferente.

Va avanti, comunque, il tira e molla di queste settimane e investe il potere autonomo delle Camere, i principi di irretroattività delle pene: dopo il parere contrario del presidente emerito della Corte costituzionale Cesare Mirabelli, al quale proprio Pietro Grasso di proprio pugno un mese fa ha contrapposto una propria valutazione, Sabino Cassese, giudice emerito della Consulta, e altri, hanno fatto pervenire dietro specifica richiesta, un proprio parere. Quello di Cassese è contrario alle norme previste dalla bozza di delibera del Consiglio di presidenza in quanto "prestano il fianco a numerose critiche perché illegittime costituzionalmente".

"Esse dispongono -si legge nel parere che l'Adnkronos ha potuto visionare- con atto regolamentare una misura sanzionatoria accessoria a misure penali, senza un adeguato fondamento legislativo, in violazione dell'art.25" della Costituzione e "privano con misura sanzionatoria in modo retroattivo i destinatari di un diritto loro spettante in base alle norme precedenti, anche in questo caso in violazione" dell'art. 25 della Costituzione" e "prevedono l'irrogazione di una sanzione senza che sia garantito il diritto di difesa" stavolta in contrasto sia con la Costituzione sia con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Per Ainis il Senato non solo può "ma deve" intervenire

Ma non finisce qui. Il derby tra giuristi va avanti. Attorno alla possibilità della revoca dei vitalizi per chi abbia subito condanne definitive per alcuni reati (associazione a delinquere, mafia, droga, peculato. corruzione e concussione, fra gli altri), incrociano le lame nomi del calibro di professori come Alessandro Pace, Michele Ainis, Massimo Luciani, Giancarlo Ricci. Pace si concentra sulla natura del vitalizio "unica, specifica e particolare" rispetto alla quale i beneficiari non possono pretendere di invocare principi generali, tanto più che hanno deciso di derogare al regime della previdenza ordinaria.

Insomma, quello della "pretesa retroattività" di quanto previsto dalla bozza di delibera del Senato "è un falso problema". Inoltre, secondo Pace, il Consiglio di presidenza non farebbe che esplicitare quanto previsto dalla Costituzione e cioè che "il non riportare condanne penali per alcuni delitti costituisce un requisito negativo (l'essere moralmente indegno) per l'esercizio del diritto di voto e del diritto di accedere agli uffici pubblici". E quindi la fine dell'erogazione del vitalizio non porrebbe un problema di illegittima retroattività "nemmeno per coloro che, già cessati dal mandato e avendo già riportato una condanna", rientrino nell'eventuale riforma. Michele Ainis, fra l'altro, arriva alla conclusione che non solo il Consiglio di presidenza può procedere alla revoca ma "in qualche misura deve farlo, per una ragione di etica costituzionale, se non di diritto costituzionale", con l'accortezza però di restituire ai soggetti interessati dei contributi versati", come peraltro previsto in una prima bozza di delibera.

Anche Giancarlo Ricci propende per la legittimità, mettendo in guardia, anche lui, la necessità di restituire quanto versato per evitare a carico dell'Amministrazione "gli estremi dell'indebito arricchimento". Particolarmente elaborato il 'compito' del prof. Luciani, che pur evidenziando le diverse potenziali criticità, suggerisce le tecniche per ovviarvi. A cominciare dal "mutamento della fonte", ossia il ricorso ad una legge 'ad hoc' e dall'accortezza a far riferimento alla giurisprudenza della Consulta e della Corte europea dei diritti umani. Allo stato, insomma, le forze in campo vedono Ainis, Pace e Ricci a sostegno della legittimità della riforma, Mirabelli e Cassese contrari e Luciani in posizione possibilista a certe condizioni. Il derby non solo continua, ma forse è solo all'inizio.

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