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Riforme, ok all'art. 2 ma tensione nel Pd su Verdini e nodi aperti ddl

03 ottobre 2015 | 11.50
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(Infophoto)
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Alla fine l'abbraccio di Maria Elena Boschi e il sorriso di Luca Lotti sono per Anna Finocchiaro. Il via libera all'emendamento che porta il nome della presidente della commissione Affari costituzionali è stato il suggello dell'accordo nel Pd e la premessa all'approvazione dell'art. 2 delle riforme. Punto su cui il ddl Boschi ha rischiato. E non poco.

"Il cuore della riforma" è stato approvato con "74 voti di scarto" ora la "strada è tutta in discesa", dice il senatore renziano Andrea Marcucci. I numeri dell'ok all'art. 2 però non sono stati brillanti: 160 sì, uno in meno della maggioranza assoluta. Dalle parti del Pd non si dà troppa enfasi alla cosa. Assenze, quasi tutte nel fronte centrista della maggioranza, a cui non si vuole dare una sfumatura politica. Bensì una più prosaica spiegazione: "E' sabato".

In aula, nelle dichiarazioni di voto, parlano per il Pd solo esponenti della minoranza. Federico Fornaro sull'emendamento Finocchiaro, Paolo Corsini sul voto finale all'art. 2. Si parla di "compromesso onesto" e Finocchiaro, da parte sua, sottolinea che "non è la sconfitta di una parte" ma "una transazione" e "non posso nascondere la soddisfazione per aver raggiunto un accordo che ha tenuto unito il mio partito e la maggioranza". Però il cammino della riforma è sì "al giro di boa" ma non è finito. E due fronti agitano le acque in casa Pd: Verdini e il suo sì alle riforme, e le norme del ddl rimaste fuori dall'accordo.

Il sostegno di Denis Verdini e i suoi alle riforme come possibile avvicinamento alla maggioranza. E poi, nel merito del ddl, due questioni rimaste fuori dall'accordo nel Pd: la platea di elezione del capo dello Stato e quando (e come) fare la legge elettorale per il nuovo Senato. Questi i fronti che agitano i dem, nonostante la concordia di oggi a palazzo Madama.

Un'unità del Pd che, dal vicesegretario Lorenzo Guerini a Luigi Zanda, tutti gli esponenti di punta della maggioranza dem oggi sottolineano. Ma per la minoranza il canale aperto con i verdiniani che hanno detto sì al ddl Boschi è una spina nel fianco. Roberto Speranza va giù duro: "Barani, Verdini & c. meglio perderli che trovarli. Renzi ha detto che vuole unire il Pd. Bene. Allora la smetta di amoreggiare con loro".

Ribatte Guerini: "Chi vuol dividere anche oggi finge di non capire. Con unità Pd altro passo avanti su riforma Costituzione" e ringrazia i "senatori Pd. #lavoltabuona".

Le questioni rimaste fuori dall'accordo Pd saranno oggetto di confronto nelle prossime ore. Almeno nei desiderata della minoranza. Sul capo dello Stato un'intesa non sembra complicata. Diverso il discorso sulla legge elettorale del nuovo Senato.

Dice Finocchiaro: "Deve farsi e al più presto. Ma molte obiezioni trovano piena soddisfazione nelle discipline transitorie e mi sarei aspettata che questo sforzo che abbiamo fatto di tenere viva questa esigenza di partecipazione diretta dei cittadini conquistasse assai di più i critici". "Il passaggio da un sistema all'altro è sempre un passaggio costoso e faticoso", sottolinea la presidente della commissione Affari costituzionali.

La minoranza però intende portare avanti la battaglia sul punto. E, si comincia a dire al Senato, se non si troverà un'intesa molti potrebbero non votare al momento della votazione finale sul ddl Boschi il 13 ottobre. Oggi a palazzo Madama si scommetteva sul fatto che si potrebbe anche chiudere prima di quella data. Se tutto filasse liscio. E non c'è solo la minoranza dem sul chi vive, nei corridoi del Senato tutti si aspettano una 'sorpresa' da Roberto Calderoli.

Per ora l'aula di palazzo Madama ha sospeso i lavori. Si riprenderà lunedì alle 15. Alle 13 è stata fissata una riunione dell'ufficio di presidenza del Senato sul 'caso Barani'.

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