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Minoranza Pd avverte Renzi: "Giù le mani dalle primarie"

09 ottobre 2015 | 17.43
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Matteo Renzi (Infophoto)
Matteo Renzi (Infophoto)

"Le primarie saranno inevitabili. Le decisioni dall'alto non possono bastare". Roberto Speranza mette un punto fermo sulla vicenda romana e sullo scenario che si apre per il dopo Marino. Il riferimento alle decisioni dall'alto si rifà a quel 'su Roma decido io', attribuito a Matteo Renzi, e smentito già in mattinata dal Nazareno. Non è bastato, però. La minoranza dem è già in fibrillazione. Anche perché l'idea di mettere mano alle primarie per i sindaci non è una novità ed è stata accennata da Renzi in diverse occasioni.

"Anche nell'ultima Direzione del Pd, se è per questo", dice Alfredo D'Attorre all'Adnkronos. "Ma un conto è rivedere le regole delle primarie, il meccanismo" e la minoranza spinge per un maggiore peso degli iscritti; "altro conto è decidere i candidati a sindaco nelle stanze di palazzo Chigi... Se lo tolga dalla testa", osserva. Ma che questa possa essere l'intenzione dei vertici Pd è più che un sospetto nella minoranza dem.

"Si inserirebbe in uno schema di decisioni dall'alto che ormai caratterizza diversi provvedimenti renziani. Ma non è riducendo gli spazi di democrazia che riporti la gente a darti fiducia. Questo vale per Roma ma anche per le altre città al voto in primavera. Piuttosto consiglierei a Renzi e Orfini -dice D'Attorre- di riflettere sugli errori evidenti di gestione fatti in questa vicenda romana e ridare la parola agli iscritti sia per scegliere la guida del Pd romano sia per il candidato sindaco".

Un altro dirigente della minoranza dem che preferisce non apparire, è ancora più esplicito. "Avevamo concordato di revisionare il meccanismo delle primarie, ma non avevamo concordato che Renzi diventasse l'imperatore del Pd. A Roma decide lui? A Roma ha sbagliato tutto, dal commissariamento in giù, per cui non si atteggi a Mister Wolf della politica. Le primarie sono l'unica via d'uscita".

La questione primarie, in realtà, doveva essere al centro di un tavolo creato ormai da mesi. Dai tempi in cui la parte bersaniana del Pd chiedeva una conferenza di organizzazione sul partito. La richiesta sfociò nella nascita di una commissione, concordata in una Direzione dem, composta da una ventina di membri di varie anime del partito.

Matteo Orfini con il vicesegretario Lorenzo Guerini, il bersaniano Nico Stumpo, il veltroniano Salvatore Vassallo, Fabrizio Barca, la prodiana Sandra Zampa, Giorgio Tonini e altri. Quella commissione si è riunita diverse volte ma ora che si è arrivati in procinto di amministrative del calibro di Milano, Napoli e probabilmente Roma, e a ridosso di un'assemblea nazionale (forse a fine anno) per rivedere lo Statuto Pd, i lavori si sono fermati. "Dicono che bisogna aspettare quello che decide Renzi -si spiega-. Ormai questo vale per tutto...".

Per Speranza le primarie sono l'unica soluzione, in particolare per Roma. "Si è consumata una profonda frattura tra città e Pd. Le primarie saranno per me inevitabili per provare a ricostruire. Non possono bastare decisioni calate dall'alto. E' indispensabile ripartire dalla gente", sottolinea il dirigente della minoranza Pd.

Eppure non tutti, anche nella minoranza, la vedono così. "Ci sono delle situazioni straordinarie -dice Davide Zoggia all'Adnkronos- che richiedono scelte straordinarie. Non è detto che i problemi della politica, li risolvano gli elettori con le primarie. Anzi...E a Roma per quello che è accaduto rischiamo di avere primarie tutt'altro che salutari ma una resa dei conti, una guerra tra bande". Con Ignazio Marino che magari, paradosso per paradosso, prova a ricandidarsi.

"Con l'ultima Direzione, quella che poi ha sbloccato l'accordo sulle riforme, io credo si sia aperta una fase nuova nei rapporti tra Renzi e la minoranza. E vista la delicatezza della tornata amministrativa di primavera convenga a tutti procedere in una clima rinnovato, più disteso. E che non convenga a nessuno, per il bene del Pd, calare decisioni dall'alto".

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