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Roma, vertice tra Marino e Orfini a casa del vicesindaco Causi

28 ottobre 2015 | 11.02
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Ignazio Marino (Foto Infophoto) - INFOPHOTO
Ignazio Marino (Foto Infophoto) - INFOPHOTO

Incontro tra il sindaco dimissionario di Roma Ignazio Marino e il commissario romano del Pd Matteo Orfini. Al vertice, a casa del vicesindaco Marco Causi, presenti anche l'assessore ai Trasporti Stefano Esposito, l'assessore alla Legalità Alfonso Sabella, l'assessore al Patrimonio Alessandra Cattoi e il collaboratore del sindaco Roberto Tricarico.

Nei rapporti tra Ignazio Marino e il Pd "non è cambiato nulla" hanno spiegato i vertici di largo del Nazareno nel giorno in cui il sindaco di Roma avrebbe potuto annunciare il ritiro delle dimissioni in Giunta ma non lo ha fatto. Per il Pd, in sostanza, la situazione è immutata: le prospettive future del sindaco sono "pari a zero". Ma, in più, con questo tentennamento Marino "danneggia i cittadini romani".

Per il Nazareno il 'piano' per il Campidoglio resta sempre lo stesso: commissario e lavoro a ventre basso sul Giubileo per risolvere i problemi concreti della Capitale. "Il finale della storia è già scritto: l'esperienza di Marino è finita", ha ribadito stamattina al 'Corriere' Matteo Orfini, che poi ha rincarato la dose su Facebook: "Il processo di rinnovamento e ricostruzione del Pd romano non si fermerà per mano di strumentali opportunisti. In questi mesi tanti ne abbiamo combattuti insieme, e insieme continueremo a cambiare il Pd Roma".

A questo punto, lo sguardo dal Nazareno al Campidoglio è quasi distaccato: "Magari Marino sta riflettendo davvero, ma ormai non si può più dire cosa ha in testa. Comunque, le dimissioni non le ritira", rifletteva nel pomeriggio un dirigente dem di primo piano. Il punto è sempre lo stesso: il sindaco vorrebbe un confronto con Matteo Renzi per ottenere una sorta di riconoscimento pubblico di quanto fatto. Il premier, però, resta sulle sua linea e non ne vuole sapere. Per Renzi, se mai, l'unico argomento sono i problemi di Roma e come risolverli. Non di più.

Per questo, la strategia del Pd continua a dispiegarsi come nulla fosse, indipendente dai 'ripensamenti' di Marino sulle sue dimissioni. "Presenteremo la mozione di sfiducia, una cosa che solo la maggioranza può fare. Tutte le altre iniziative di questo genere annunciate dalle opposizioni sono nulle, perché non hanno le firme sufficienti perché siano valide", spiegano sempre dal Pd. In sostanza, i dem sottolineano che se Marino deciderà di affrontare l'aula si voterà su un documento di maggioranza: "Se poi gli altri gruppi vorranno votarlo, questo decideranno loro".

In questo, altro passaggio chiave, il Pd è sempre certo di poter contare sull'appoggio di Sel. La 'tenuta' dei dem serve anche a far emergere il fatto che se Marino deciderà di andare in aula "finirà per una fare una pessima figura, anche sul piano personale", spiegano sempre dal Nazareno. Chiudendo così, insomma, il sindaco ha di fatto davanti a sé una uscita onorevole. Non, invece, con il voto dell'aula dove tutti i gruppi gli muoverebbero accuse di ogni tipo.

E qui, l'interpretazione del Pd finisce per coincidere la 'lettura' che alcuni tra i dem in Campidoglio non ostili al primo cittadino facevano della scelta di non ritirare le dimissioni, sottolineando il contatto che lo stesso sindaco ha cercato con Pier Luigi Bersani: "Adesso Marino si sta ritagliando la figura dell'anti-Renzi, una carta da poter giocare in futuro con un occhio a tutti i movimenti della minoranza dem e con lo sguardo al Congresso. Per farlo, però, deve restare in qualche modo nell'orbita Pd. Se viene sfiduciato in aula dai democratici, tutto questo diventa molto più difficile".

Oggi, intanto, presso la Sala del Carroccio in Campidoglio, il gruppo Fratelli d'Italia-An ha spiegato i punti salienti della mozione di sfiducia presentata nei confronti del sindaco dimissionario: trentanove punti che hanno l'obiettivo di illustrare il declino della città di Roma nei due anni e mezzo di amministrazione Marino.

Le contestazioni presenti nella mozione toccano diversi argomenti: degrado urbano e sporcizia nelle strade, blocco dell'edilizia e del comparto delle Pmi romane, trasporti in tilt e aumento ingiustificato di Ztl e strisce blu, penalizzazione dei servizi educativi e per l'infanzia, abbandono delle periferie con una crescita della microcriminalità, taglio del salario accessorio per i dipendenti capitolini, procedure di mobilità e licenziamenti nelle aziende comunali e blocco delle 22 procedure del 'concorsone'.

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