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"Su Marino ha vinto il partito della nazione", minoranza dem attacca. Martedì confronto con Renzi

01 novembre 2015 | 12.04
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Un licenziamento in tronco, quello di Marino, che fa riflettere i membri della minoranza dem. Perché se la democrazia del partito si è così ridotta, al punto da arrivare a mandare a casa, senza neanche un dibattito in Aula, il primo cittadino di Roma, allora siamo tutti chiamati in causa. Sembra essere questo il ragionamento della minoranza del Nazareno, che ha assistito alla cacciata di Marino, come lui stesso ha detto " accoltellato da 26, ma con un unico mandante ". E con il contributo fattivo anche di esponenti della destra.

Da Cuperlo, a Gotor, agli ex civatiani ci si interroga sul rischio nato con l'inaugurazione del sistema Marino, che lascia intravedere le premesse del partito nazione, che - per loro - ha dato la prima e peggiore prova di sè nella vicenda romana.

Nei giorni scorsi era stato lo stesso sindaco dimissionario di Roma a cercare una 'sponda' con la minoranza del partito. In particolare, in una telefonata con l'ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a Marino che gli chiedeva il suo punto di vista, Bersani avrebbe consigliato, di non dare al suo caso peso nazionale, consigliandogli comunque di fare ciò che sentiva.

Ma adesso, con Marino scalzato dal Campidoglio, la minoranza dem guarda alla assemblea dei gruppi parlamentari, prevista per martedì, come al primo luogo di un chiarimento, necessario, con il segretario-premier.

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