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Berlusconi: "Obbligato a restare in campo, possiamo tornare primo partito"

28 gennaio 2016 | 17.07
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Silvio Berlusconi (FOTOGRAMMA) - (FOTOGRAMMA)
Silvio Berlusconi (FOTOGRAMMA) - (FOTOGRAMMA)

"Mi sento obbligato a restare in campo. Si deve tornare ad essere il primo partito italiano. Possiamo e dobbiamo farcela". Lo ha detto Silvio Berlusconi alla riunione del Comitato di presidenza di Fi in corso a palazzo Grazioli.

Nonostante lo sforzo dell'ex premier per serrare i ranghi, continua a serpeggiare il malumore tra quei parlamentari che temono una rottamazione di Fi e non credono nel rilancio. Prima della 'convocazione' a palazzo Grazioli sul tesseramento e le amministrative non sono pochi, infatti, gli azzurri che a mezza bocca lamentano la mancanza di una chiara linea politica sui temi più delicati e sui futuri assetti del partito.

Ad alimentare nuovi tensioni interne le 8 assenze di ieri in Aula, al Senato, al momento del voto sulla mozione di sfiducia nei confronti del governo sul nodo delle banche. Con annessa provocazione di Matteo Renzi: ''Voi siete divisi e siete sempre meno, domani si conteranno i no".

Tra tutti spicca il forfait di Niccolò Ghedini, legale del Cav e fedelissimo di Arcore, ma il capogruppo a palazzo Madama Paolo Romani prova a sdrammatizzare: ''Le nostre assenze erano tutte concordate e previste. Ghedini ha sempre avuto una posizione negativa quando si parla di conflitto di interessi. Ero perfettamente al corrente delle sue intenzioni''.

Pesano poi le assenze di Riccardo Villari e Bernabò Bocca (che avevano votato a favore del ddl Boschi). Tant'è che qualcuno torna a parlare del 'fantasma del Nazareno' con i verdiniani nel ruolo della 'stampella renziana', che fuori da Fi fanno gioco e comodo allo stesso Berlusconi.

Resta irrisolto il caso di Francesco Nitto Palma, da tempo insofferente verso la gestione di Fi e sempre più tentato da un addio al gruppo, che ieri ha preferito non partecipare alla chiama. Anche il clima in Transatlantico, alla Camera, non è dei migliori: tanti vedono il rischio di 'regalare' la maggioranza dei comuni, a cominciare dalle città-chiave di Milano e Roma, alla sinistra renziana. E la mancanza di un accordo sui candidati-sindaco tra Berlusconi e Matteo Salvini, che continuano a prendere tempo, alimenta il nervosismo e il senso di confusione.

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