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Politica

Da 'vajassa' a 'venditore di pentole', l'insulto sdoganato nel Palazzo

05 aprile 2016 | 18.57
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Beppe Grillo (Fotogramma)
Beppe Grillo (Fotogramma)

Da quando il "vaffa" in politica ha cittadinanza piena grazie alla storica iniziativa del Vaffa-day grillino, il ricorso all'insulto verso avversari, esterni e interni, trova sviluppi sempre nuovi. Ultimo in ordine di tempo, il "venditore di pentole" riservato dal presidente della Puglia Michele Emiliano al presidente del Consiglio e leader del suo partito Matteo Renzi. Il premier ha rispedito al mittente l'espressione, parlando di "volgarità".

E' solo l'ultimo episodio di una sequela di scivoloni che affonda le radici nella Seconda Repubblica, con Umberto Bossi a farla da padrone, con gesti dell'ombrello e dito medio alzato. Stadio terminale di quella stagione, forse, il bisticcio tra Mara Carfagna e Alessandra Mussolini a colpi di "vajassa" . Non che la Prima Repubblica fosse immune dalla tentazione del turpiloquio o della caduta di stile. L'esempio classico è la famosa "lite delle comari" tra Beniamino Andreatta e Rino Formica sulla separazione tra Tesoro e Banca d'Italia.

"Ma quella era proprio un'altra epoca - dice all'Adnkronos il senatore Luigi Compagna (Conservatori e riformisti) - e può darsi che Andreatta e Formica siano andati 'oltre' ma la loro vis polemica era sempre temperata da un presidente del Consiglio della statura di Giovanni Spadolini... Oggi Renzi finisce nel mirino di Emiliano perché si comporta come se la riforma costituzionale di cui va fiero fosse già in vigore. Certo è che 'venditore di pentole' non è un insulto in senso stretto, ma non è certo un complimento verso il premier in carica: in realtà quello che si sta giocando attorno al referendum è un conflitto di attribuzioni e questo spiega la tendenziale volgarità lessicale tra un presidente di Regione e un premier che ama muoversi come quello che 'ci mette la faccia'".

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