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'Fino a 4 anni e mezzo di carcere per chi pubblica video hard degli ex', la proposta di Forza Italia

23 ottobre 2016 | 15.33
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Tiziana Cantone la 31enne suicida per un video hot (Foto Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Tiziana Cantone la 31enne suicida per un video hot (Foto Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Fino a tre anni di carcere per il 'revenge porn'. Linea dura nella proposta di legge presentata dalla forzista Sandra Savino alla Camera, al punto che la pena è aumentata della metà se a commettere il fatto è un 'ex'. La formula 'revenge porn' non indica un genere di video per adulti, bensì è la versione anglosassone dei filmati sessualmente espliciti diffusi in rete. Fatto che avviene o per ritorsione nei confronti della persona, quasi sempre si tratta di donne, con cui si è avuta una storia sentimentale, oppure, per una sorta di 'gioco' perverso da parte di conoscenti se non addirittura amici. Quest'ultimo è il caso di Tiziana Cantone, suicidatasi meno di un mese fa, mentre destò analogo scalpore il caso della ragazza di Rimini filmata dalle amiche mentre veniva stuprata.

Come rileva la deputata azzurra "spesso accade che la diffusione di un certo tipo di immagini o video pornografici segua la fine di una relazione sentimentale e venga utilizzata come strumento di vendetta nei con- fronti delle vittime". Si tratta di episodi che si ripetono con sempre maggiore frequenza e che, oltre ad offendere la dignità e la sfera privata della persona, possono produrre, appunto, conseguenze irreparabili.

La proposta aggiunge un art. 612-ter al codice penale, subito dopo il 612-bis che punisce gli atti persecutori e lo stalking con la reclusione da sei mesi a quattro anni "chiunque, con condotte reiterata, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".

L'articolo 612-ter proposto dall'esponente di Forza Italia nella proposta già assegnata in commissione Giustizia, introduce il "reato di diffusione di immagini e video sessualmente espliciti". Il testo consta di un solo articolo, ma, almeno sulla carta, potenzialmente efficace ai fini della deterrenza rispetto ad una condotta particolarmente odiosa e lesiva per la vittima.

"È punito -si legge- con la reclusione da uno a tre anni chiunque pubblica nella rete internet, senza l’espresso consenso delle persone interessate, immagini o video privati, comunque acquisiti o detenuti, realizzati in circostanze intime e contenenti immagini sessualmente esplicite, con conseguente diffusione di dati sensibili, con l’intento di causare un danno morale alla persona interessata".

Viene precisato, inoltre, in analogia, del resto, con il reato di stalking, che "la pena è aumentata della metà se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa".

Come spiega Savino nella relazione che accompagna la proposta, "la vendetta porno è l’esempio più estremo di come, in certi casi, le nuove tecnologie vengano utilizzate da alcuni uomini con l’unico scopo di esercitare il potere e il controllo sulle donne. Sono sempre più numerose le vicende di cronaca che vedono protagoniste giovani donne che, senza aver espresso alcun consenso, scoprono online, sui social network , proprie immagini intime, ormai condivise da un numero molto elevato di utenti, quindi divenute 'virali'".

"Si tratta -denuncia- di episodi gravissimi, che hanno ripercussioni a livello psicologico inimmaginabili, spingendo in alcuni casi le vittime fino a gesti estremi. Negli Stati Uniti d’America il fenomeno del 'revenge porn' è riconosciuto a livello giuridico e conseguentemente perseguito, in molti Stati".

Al contrario, prosegue la deputata, "le leggi vigenti in Italia non riescono a contrastare adeguatamente il fenomeno dei video privati diffusi per vendetta: per questo serve una normativa adeguata al periodo storico che stiamo vivendo. Sarebbe opportuno -conclude- il riconoscimento di questo reato al pari dell’estorsione, perché si configura come un grave delitto contro la privacy , oltre a essere un delitto di genere, perpetrato quasi esclusivamente nei confronti delle donne".

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