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Costa resta alle Regioni, ministero dove esordì il padre Raffaele

12 dicembre 2016 | 19.17
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Figlio d'arte, Enrico Costa viene confermato al dicastero degli Affari regionali, che rappresentò la prima esperienza ministeriale, nel governo di Giuliano Amato del 1992, anche per il padre Raffaele, leader del Partito liberale e noto per le sue battaglie contro gli sprechi e la burocrazia.

Nato a Cuneo il 29 novembre del 1969, avvocato, eletto la prima volta alla Camera con Forza Italia nel 2006 e poi riconfermato con il Popolo delle libertà nel 2008 e 2013, Costa si impegna in prima linea nelle battaglie del centrodestra sui temi della giustizia, fino ad essere relatore del lodo Alfano, la legge che prevedeva la sospensione dei procedimenti giudiziari a carico delle quattro alte cariche dello Stato.

A novembre del 2013 decide di seguire Angelino Alfano nel Nuovo centrodestra, diventando il capogruppo del partito alla Camera. Incarico che lascia quando a febbraio del 2014 entra nel governo di Matteo Renzi come sottosegretario alla Giustizia, promosso a viceministro nello stesso dicastero a giugno di quell'anno. Poi all'inizio di quest'anno un ulteriore passo in avanti con l'indicazione a ministro degli Affari regionali.

Nel dicastero ottiene anche la delega per le politiche familiari, tema caro ai centristi. E proprio alla vigilia del referendum polemizza a distanza con il leader del Family day Massimo Gandolfini, schierato per il no, e accusato dal ministro di aver dimenticato "i significativi interventi inseriti dal governo nella legge di bilancio" e che, "grazie ad Area popolare, la stepchild adoption è stata stralciata dalla legge sulle unioni civili e non è mai stata introdotta nell'ordinamento".

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