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Rai: Guelfi, no Dg tampone, nomina mantenga patto con chi paga canone

23 maggio 2017 | 14.23
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Guelfo Guelfi
Guelfo Guelfi

"Io sarei e sarò molto preoccupato di una nomina di garanzia con la funzione di traghettarci al nuovo mandato perché secondo me in questo caso la brutta politica altro non potrebbe fare che cercare il galleggiamento sul mare in tempesta del confronto elettorale". Il consigliere Rai Guelfo Guelfi, all'indomani della bocciatura del piano informazione per il quale lui solo ha espresso un voto favorevole, chiarisce all'Adnkronos innanzitutto quale direzione di marcia sia caldamente da evitare.

Ma il suo ragionamento, posto che il nuovo Dg dovrà essere "una figura autorevole, competente, ambiziosa e capace di portare a compimento quel piano industriale che disegnava una Rai proiettata nel futuro", è ben più ampio e analitico, intento cioè a portare alla luce ciò che ha funzionato del biennio targato Campo Dall'Orto e che, quindi, deve essere espresso nelle sue piene potenzialità senza soluzione di continuità e ciò che, invece, non ha funzionato.

"Il piano industriale redatto alla fine del 2015 e inizio del 2016 e approvato dal Cda - osserva Guelfi - è un ottimo modo di guardare alla televisione in divenire. Tra le cose identitarie forti conteneva il piano informazione da cui è nata la direzione di Verdelli per progettare un nuovo modo di intendere l'informazione dentro la nuova Rai. Su questo si è lavorato per mesi e mesi riuscendo a offrire 196 ore di informazione straordinaria in occasione dei terribili attentati e delle crisi ambientali con una Rai motivata, capace, presente. Per questo la crisi che si è determinata richiede un intervento che non sacrifichi le idee che quel piano industriale conteneva".

"Voglio anche ricordare - pone l'accento Guelfi - che in occasione dell'attentato a Bruxelles, Carlo Verdelli, in accordo con Rainews24, ha mandato un giornalista a Tunisi, dopo aver rintracciato i genitori del terrorista attentatore tunisino, Anis Amri. E' stato il primo nel mondo e l'intervista è stata poi tradotta in inglese, oltre che diffusa presso le altre emittenti". Insomma la direzione guidata da Verdelli stava indubbiamente "tentando di costruire una Rai capace di competere con chiunque, producendo un risultato in termini di informazione che si legava passo passo al contesto interno, alla sua evoluzione, ma anche al contesto europeo".

E allora? "Il primo difetto è che questo lavoro" volto a realizzare l'informazione della nuova Rai "è avvenuto al chiuso delle stanze e non coinvolgendo i consiglieri in una discussione di merito. I fatti di ieri sono la conseguenza di questo così come della presunta potenza delle cose sugli uomini. Anche se non va dimenticato un altro accadimento: mentre il piano Verdelli si andava formando attraverso sperimentazioni e interventi nel funzionamento quotidiano dell'informazione Rai, una bozza quasi definitiva è stata trafugata e pubblicata da un settimanale con una conseguente contrapposizione disseminata sugli aspetti particolari del piano senza che vi fosse, di contro, una visione di carattere generale che avrebbe evidenziato che lì dentro c'era un orizzonte da costruire".

Un orizzonte "non facile da raggiungere ma che valeva la pena di perseguire affinché il piano consentisse un utilizzo pieno delle risorse umane e professionali interne alla Rai, un inserimento nei sistemi produttivi di tecnologie e modalità che il digitale oggi non consente ma impone e dispone". Senza contare che "l'aggressione a questo lavoro è stata condotta in maniera sgarbata e ha provocato le dimissioni di Verdelli che non si è sentito parte di quel processo di rinnovamento dell'azienda che tale progetto avrebbe dovuto difendere e sostenere".

"Se noi vogliamo rintracciare l'origine della crisi di oggi - mette a fuoco la vicenda Guelfi - questo è il ceppo di partenza, dopodiché le forme surrogate del piano Verdelli prima di diventare soluzioni accettate e praticabili, hanno costituito lo stillicidio di un contenzioso fondato sulla sfiducia che ha poi caratterizzato il rapporto tra Cda, dg e presidente". E ora, a fronte di tutto questo, non ha senso guardare al dopo Campo Dall'Orto con l'ottica di "chiudere il triennio del suo mandato, ma di offrire invece al prossimo mandato gli spunti di un lavoro che in gran parte è stato compiuto".

"Fino a che la Rai resterà un contenzioso aperto sul calendario corto della vicenda politica del nostro paese non si affermerà come un'azienda moderna, strutturata, capace di stare nelle case degli italiani", è il monito di Guelfi.

"Io penso che noi siamo vicini a questo obiettivo; abbiamo un patto con quanti pagano il canone che non sono tanti, sono tutti. Un patto che ci offre una possibilità inedita, quella di riprendere in considerazione tutte le cose come cose che devono durare, da consegnare al futuro. Cose che vogliamo tenere libere dal confronto correntizio e aperte invece al confronto politico perché questo è quello che fa un grande amministratore delegato, memore delle grandi imprese di questa azienda come quelle, per dirne una, compiute da Ettore Bernabei che condusse l'Azienda ad essere il Paese e il Paese a riconoscersi in essa. Può sembrare molto difficile ma non è così o per lo meno speriamo".

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