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Di Maio tira dritto verso il Pd

26 aprile 2018 | 21.13
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(Foto Fotogramma)
(Foto Fotogramma)

Luigi Di Maio tira dritto e punta a chiudere l'accordo per il governo con il Partito democratico. Il leader pentastellato, sia dopo il colloquio con Fico sia nel corso dell'assemblea dei parlamentari M5S che si è svolta in serata, ha ribadito la linea. "Se il Pd dovesse dire va bene, sediamoci al tavolo, da lì inizia un percorso per discutere di temi, non è un percorso scontato ma vediamo se dal contratto di governo potrà venire fuori un paese migliore e se potremo fare i provvedimenti che abbiamo sempre sognato", è il senso del discorso pronunciato davanti ai suoi da Di Maio, il quale si è detto fiducioso per un esito positivo la prossima settimana.

Il forno 'leghista' resta ufficialmente chiuso a detta dei vertici del Movimento 5 Stelle e dello stesso Di Maio ("abbiamo una dignità...") ma c'è chi, tra i parlamentari M5S più in vista, a taccuini chiusi è pronto ad asserire il contrario. "Il dialogo con la Lega, anche se in maniera non ufficiale, va avanti", dice all'Adnkronos una fonte pentastellata di primissimo piano.

Le alte sfere del Movimento negano con forza però che con la Lega di Matteo Salvini ci sia ancora una trattativa in corso e precisano che le parole spese da Di Maio nei confronti del leader del Carroccio al termine delle consultazioni con il presidente della Camera, a proposito del conflitto di interessi berlusconiano, non vanno intese come un tentativo di ripristinare il dialogo con Via Bellerio.

"Fa specie vedere che Berlusconi utilizzi tv e giornali per mandare velate minacce a Salvini, qualora decidesse di sganciarsi. E' arrivato il momento di metter mano a questo conflitto d'interessi e di dire che un politico non può essere proprietario di mezzi di informazione", ha detto chiaro e tondo il leader M5S, il quale ha accusato la Lega di voler evitare "qualsiasi responsabilità di governo". A Di Maio ha replicato lo stesso Salvini. "Lo ringrazio ma so difendermi da solo", ha rimarcato il leader leghista aggiungendo che la porta per i 5 Stelle resta aperta.

Il Movimento per ora punta sul 'forno' dem. Il modo con cui sta procedendo l'interlocuzione viene giudicato "positivo" dai vertici 5 Stelle. D'altronde è stato lo stesso Fico, dopo il colloquio con il Presidente Mattarella, a riferire che il mandato esplorativo affidatogli dal Capo dello Stato si è concluso positivamente. Al Pd (così come a quella parte della base M5S che ha mal digerito l'apertura ai democratici) Di Maio ha chiesto "uno sforzo", paventando un ritorno alle urne in caso di mancata intesa.

"Io - ha sottolineato il capo politico grillino - capisco chi dice tra i nostri 'mai col Pd' e tra i loro 'mai col M5S'. Ma rendiamoci conto che qui il tema non è andare con il Pd come non era andare con la Lega, qui si sta dicendo: fare il reddito di cittadinanza, ridurre le tasse, aiutare le famiglie che fanno figli, tagliare gli sprechi. Senza negare le profonde diversità che abbiamo".

I grillini sono pronti a ridiscutere assieme ai dem i provvedimenti più delicati che hanno scandito la passata legislatura. A partire dalla riforma del lavoro. "Il Jobs Act? Non è che diciamo 'buttiamolo via'. Ci sono degli elementi su cui si può intervenire, come la facilità del licenziamento. Anche il Pd su questo può trovare una convergenza con noi", spiegano fonti vicine ai vertici M5S.

I riflettori sono ora puntati sulla direzione del Pd convocata per il prossimo 3 maggio. Sarà quella la sede in cui verranno tirate le somme sulla linea da tenere in merito al dialogo con il Movimento 5 Stelle. E se da una parte il segretario reggente Maurizio Martina, al netto delle "difficoltà e differenze" che separano i dem dai 5 Stelle, parla di "passi in avanti importanti", dall'altra renziano Marcucci (capogruppo Pd al Senato) afferma che "le distanze programmatiche erano e restano profonde" e si dice sorpreso per l'ottimismo espresso da Fico.

Per i 5 Stelle la questione della premiership di Di Maio non è in discussione. "Il nostro candidato alla presidenza del Consiglio resta lui, non si capisce perché qualsiasi altro nome vada bene. Di Maio ha preso 11 milioni di voti. Questa cosa un valore dovrebbe averlo", trapela dall'inner circle del parlamentare di Pomigliano d'Arco.

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