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La crisi di governo spiegata in 5 punti

29 maggio 2018 | 15.32
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La crisi di governo spiegata in 5 punti

Quasi 90 giorni di crisi. E del governo neanche l'ombra. Di divisioni, ostilità, stoccate (e consultazioni andate in fumo), in compenso, ce ne sono state parecchie. Dopo il voto del 4 marzo, nessun partito è riuscito a dare vita a un nuovo esecutivo. E rapidamente siamo passati dai pre-incarichi ai presidenti di Camera e Senato alla coalizione pentaleghista, fino all'incarico fallito a Giuseppe Conte e alla chiamata al Colle di Carlo Cottarelli. Ora, come in un triste gioco dell'oca, siamo tornati al punto di partenza. Ma come siamo arrivati a una delle crisi più gravi della Repubblica? E che succede ora?

COME SIAMO ARRIVATI ALLA CRISI - Il 4 marzo gli italiani sono chiamati alle urne. L'esito delle elezioni, complice la legge elettorale che non consente a nessuna delle forze politiche di avere i numeri per poter formare un governo, decreta la sconfitta del Pd, che ottiene il 18,7% e il trionfo del centrodestra, che incassa il 37%. Il M5S guadagna invece il 32,7% dei consensi. La XVIII legislatura è pronta a decollare. Grazie a un accordo tra M5S e Centrodestra vengono eletti i presidenti di Camera e Senato: sono Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati. Mattarella inaugura il primo giro di consultazioni per la formazione del governo, ma è fumata nera. Così come il secondo round e i due pre-incarichi conferiti ai presidenti di Camera e Senato. Di Maio, nel frattempo, si divide tra due forni. Quello della Lega e quello del Pd. Non pone veti, si dice disponibile a un confronto con tutti. Ma dopo una prima apertura al dialogo con i 5Stelle, il Nazareno frena.

Al terzo giro di consultazioni, il Capo dello Stato avanza l'ipotesi di un governo neutrale. Ma lo scenario di un governo "di garanzia" dà una svolta all'impasse politica. Di Maio e Salvini fanno un passo indietro sulla premiership e raggiungono un'intesa. Nasce il contratto giallo-verde, il programma di governo che non manca di sollevare critiche, soprattutto per i capitoli Europa e debito pubblico. Di Maio esulta: "Sta per partire la Terza Repubblica". I due leader propongono la guida dell'esecutivo pentaleghista al professor Giuseppe Conte, ma la partita si blocca sul nome di Paolo Savona, indicato come ministro al Tesoro. Inizia il braccio di ferro con il Colle. Si tratta per giorni. Il 27 maggio l'epilogo: Conte sale al Quirinale per sciogliere negativamente la riserva, rimettendo il mandato nelle mani di Mattarella, che convoca Cottarelli per conferirgli l'incarico. Dopo due incontri informali, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il presidente del Consiglio incaricato, decidono di congelare la nascita del governo di garanzia, per verificare se sia ancora possibile dar vita ad un esecutivo politico, fondato sull'intesa tra M5S e Lega. L'ultima proposta di Luigi Di Maio è far ripartire il governo gialloverde, spostando però Paolo Savona dall'Economia.

CHE SUCCEDE ORA - Quelli che seguono ora sono giorni decisivi per il governo. Se l'ex commissario alla spending review otterrà la fiducia in Parlamento il governo Cottarelli entrerà in carica per l'approvazione della legge di Bilancio 2019. Raggiunto questo obiettivo, il Parlamento verrebbe sciolto e gli italiani verrebbero chiamati alle urne a inizio 2019. Senza fiducia, invece, come sembra probabile, visto il no annunciato da 5 Stelle, Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, il governo sarebbe costretto a dimettersi e rimanere in carica per la gestione dell'ordinaria amministrazione. A quel punto le elezioni si terrebbero dopo l'estate.

LE SFIDE DEL GOVERNO - Diverse le sfide che attendono il nuovo esecutivo. Dalle questioni economiche, come la tenuta dei conti pubblici, l'approvazione della legge di Bilancio, la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, al capitolo nomine (tra cui quelle di due aziende di peso come Cassa Depositi e Prestiti e Rai).

NUOVE ELEZIONI, LO SCOGLIO DEL ROSATELLUM - Inoltre, se gli italiani saranno chiamati al voto dopo l'estate, il rischio di replicare gli scenari del 4 marzo appare concreto. A meno di modifiche al Rosatellum bis, la legge elettorale attualmente in vigore, nessuna forza politica godrebbe della governabilità. A quel punto le incognite sarebbero tantissime. Per correggere il Rosatellum bis sono state avanzate diverse proposte, a partire dal centrodestra. Matteo Salvini, nelle ultime ore è tornato a invocare un cambiamento della legge: "Il Parlamento ha il dovere di cambiare legge elettorale - ha detto il leader leghista - chi prende un voto in più ha diritto a governare".

REBUS COALIZIONI - Anche se è presto per fare pronostici, c'è da scommettere che il rebus coalizioni sarà uno dei tormentoni dei prossimi mesi. Chi si alleerà con chi? Alla luce dei recenti sviluppi politici non è escluso che 5S e Lega si presentino uniti alle urne. Dal canto suo, Salvini non si sbilancia, glissando sull'ipotesi di un'alleanza col M5S. "Vedremo" ha detto a Barbara D'Urso, spiegando di essere "partito con diffidenza" con i grillini ma di essersi poi ricreduto.

"Ho visto persone serie, disposte ad ascoltare e cambiare idea - ha ammesso Salvini -. Se poi questa diventerà un'alleanza di governo lo vedremo nelle prossime settimane, sicuramente siamo persone libere e senza ricatti". Berlusconi, invece non ha dubbi. Per il Cav, l'alleanza Fi-Lega-Fdi deve rimanere salda.''Alle prossime elezioni'' ha fatto sapere in una nota, non c'è ''altra soluzione che quella di una coalizione di centrodestra unita''.

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