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Chi è Giovanni Tria

31 maggio 2018 | 19.09
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Giovanni Tria (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Giovanni Tria (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Giovanni Tria va ad occupare la delicata casella del ministero dell'Economia nel governo 5 Stelle-Lega al posto di Paolo Savona. Professore ordinario di Politica economica alla Facoltà di economia di Tor Vergata, Tria, 69 anni, è un economista con più di 40 anni di esperienza accademica e professionale nei settori di macroeconomia, politiche dei prezzi, politiche di sviluppo economico, valutazione di investimenti pubblici, ruolo delle istituzioni nel processo di crescita.

Ha insegnato, oltre che a Tor Vergata, alla Sapienza di Roma e all'Università di Perugia Economia, Macroeconomia, Economia dello sviluppo, Storia del pensiero economico. E' stato Presidente della Scuola Nazionale dell'Amministrazione. Ha lavorato come esperto di economa in molte istituzioni italiane, ministeri (Pubblica Amministrazione, Economia, Lavoro e Affari Esteri), enti governativi e organizzazioni internazionali (Word Bank, ILO, Oecd). È stato membro dei comitati scientifici di vari think tank italiani.

Nei giorni scorsi, dalle colonne di Formiche.net, Tria ha commentato le prime indiscrezioni del contratto di governo tra M5S e Lega. Per la misura bandiera dei Cinque Stelle, il reddito di cittadinanza, spiegava: "Non sappiamo ancora cosa sarà questo reddito di cittadinanza e, quindi, le risorse richieste e l’ampiezza del pubblico dei beneficiari. Esso sembra oscillare tra una indennità di disoccupazione un poco rafforzata, (e tale da avvicinarla a sistemi già presenti in altri paesi europei, come ad esempio in Francia, certamente più generosa dell’Italia con chi perde il lavoro) e magari estesa a chi è in cerca di primo impiego, e un provvedimento, improbabile, tale da configurare una società in cui una parte della popolazione produce e l’altra consuma".

"Più interessante è l’obiettivo della flat tax - continuava l'economista -, che coincide con l’obiettivo di riduzione della pressione fiscale come condizione di una politica di crescita, soprattutto se si vede questo obiettivo non tanto come un modo per aumentare il reddito spendibile di famiglie e imprese, e quindi sostenere la domanda interna, ma come un modo per aumentare il rendimento dei fattori produttivi, lavoro e capitale, e quindi anche degli investimenti".

"Naturalmente, conterà anche in questo caso la sua declinazione specifica per valutarne la sostenibilità - avvertiva Tria - . Si parla di partire con una doppia aliquota. La questione è tecnicamente complessa ma ciò che conta è avviare il processo di semplificazione del sistema e la sua sostenibilità dipende non tanto dall’aliquota unica o le due aliquote, ma dal livello delle aliquote".

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