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Chi è Di Maio, vicepremier e super ministro

01 giugno 2018 | 09.37
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(Foto Afp)
(Foto Afp)

Entrato Papa nel 'conclave' per il governo Lega-M5S, il candidato premier Luigi Di Maio ne esce cardinale con la nomina a vice premier e capo del ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico. Un ruolo che a breve ricoprirà a soli 32 anni d'età, un record per la storia italiana. Un primato - quello a capo del dicastero di via Veneto- che si affianca ad un altro messo a segno dal deputato di Pomigliano d'Arco nella scorsa legislatura, quando Di Maio, nel marzo 2013, è salito a soli 27 anni sullo scranno più alto di Montecitorio nella veste di vicepresidente della Camera.

Di Maio nasce nel piccolo comune campano di Pomigliano d'Arco da madre insegnante di Latino e Greco e papà piccolo imprenditore edile. A casa si mastica politica, il padre ha un passato di dirigente nel Movimento Sociale Italiano prima e in Alleanza Nazionale poi. Dopo il diploma di liceo classico, Di Maio -primo di tre fratelli - si iscrive all'università, dapprima alla facoltà di ingegneria che poi lascia per trasferirsi a Giurisprudenza all'Università di Napoli Federico II, dove tuttavia non completa gli studi. Di Maio ha lavorato per un breve periodo come webmaster e come steward allo stadio San Paolo, parallelamente ha portato avanti il suo impegno politico fondando, nel 2007, il meetup di Pomigliano.

Nel 2010 si candida come consigliere comunale del suo Comune e ottiene 59 preferenze che non gli valgono l'elezione. Ci riprova nel 2013, partecipando alle 'parlamentarie' M5S -189 preferenze diventate motivo di sfottò per l'ex segretario dem e premier Matteo Renzi- che lo portano a Montecitorio, eletto nella circoscrizione Campania 1.

Ed è a Montecitorio che inizia la lunga corsa di Di Maio, artefice di un'ascesa nel Movimento che sembra contraddire quell'uno vale uno che a lungo è stato il leitmotiv grillino. Pressoché sconosciuto, viene eletto vicepresidente della Camera in seguito ad un primo step che prevede la 'graticola' dei suoi colleghi, vale a dire il fuoco di domande incrociate per testare la preparazione dei candidati a una carica, il tutto in diretta streaming, quando il Movimento faceva della trasparenza la sua bandiera.

In breve tempo, grazie anche al ruolo di vicepresidente di Montecitorio, Di Maio diventa uno dei volti più noti del partito, tanto da essere nominato membro del cosiddetto 'direttorio' voluto nel novembre 2014 da Gianroberto Casaleggio e da un Beppe Grillo 'un po' stanchino' del ruolo di leader. E qui che comincia, tra alti e bassi, cadute e risalite, la scalata di Di Maio al M5S. Nel 2016 è nominato responsabile degli enti locali per il Movimento. Nel novembre di quello stesso anno, il direttorio non sopravvive alle tensioni e alle frizioni dovute alla crisi che ha investito il Campidoglio a causa delle dimissioni dell'assessora all'Ambiente Paola Muraro e all'arresto per corruzione del fedelissimo della sindaca Virginia Raggi Raffaele Marra.

Ma con fatica Di Maio - sotto accusa nel direttorio per non aver condiviso alcune informazioni in suo possesso sulle indagini a carico di Muraro - resta in prima linea, non si schiera contro la sindaca ma la supporta, un passo alla volta conquista la fiducia di Davide Casaleggio e lancia la sua Opa sul Movimento. Che conquista ufficialmente nel settembre 2017, quando si candida alle elezioni primarie per scegliere il candidato premier e capo politico del Movimento 5 Stelle: l'esito delle votazioni tra gli iscritti alla piattaforma online del M5S lo vede vittorioso con 30.936 voti, pari a circa l'82% dei votanti. Il suo è il volto più moderato e istituzionale del Movimento, ma anche il più pragmatico: da un lato Alessandro Di Battista e lo stesso Grillo, che parlano alla 'pancia' della base, dall'altro il giovane Di Maio, che punta dritto all'elettorato moderato e in parte riesce a conquistarlo. Infaticabile, Di Maio inizia la sua campagna elettorale per le politiche al volante del 'rally tour', che lo vede, presentissimo sul territorio, girare in lungo e in largo l'Italia, mentre il fondatore del Movimento, Grillo, appare defilatissimo. Alla fine la spunta: conquista con il Movimento il 32,6% dei voti, che gli valgono ben 338 seggi in Parlamento nonché il titolo di forza politica più votata. Ma che non gli saranno sufficienti ad occupare la poltrona più ambita, quella di Palazzo Chigi.

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