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Comunicato stampa

Datori di lavoro non possono trasformarsi in 007 per controllare i dipendenti

17 marzo 2016 | 12.23
LETTURA: 4 minuti

Datori di lavoro non possono trasformarsi in 007 per controllare i dipendenti

Telecamera direzionata sulle toilette dei dipendenti, azienda condannata a risarcimento di 105mila euro a quattro ex lavoratrici. Maggiori aperture su controlli a distanza sui lavoratori con il Jobs Act, ma necessario rispetto Codice Privacy ed evitare comportamenti illeciti puniti dal Codice Penale. Jannone: "Gestione dei controlli sui dipendenti comporta oggi una visione interdisciplinare di norme e soluzioni"

Roma, 17 marzo 2016 - Se siete un datore di lavoro, e sospettate che i vostri dipendenti non svolgano correttamente le loro mansioni, è bene sapere che non sempre il fine giustifica i mezzi, e ogni vostro comportamento illecito nelle attività di controllo dei lavoratori potrebbe costarvi caro.

Ne è un esempio il caso riportato nelle cronache dei giorni scorsi sul quotidiano Il Tirreno, in cui il figlio dei titolari di un'azienda di Pistoia aveva installato una telecamera nascosta su un soppalco con l'obiettivo direzionato sui water della toilette per controllare fin troppo nel dettaglio le pause di quattro dipendenti, le quali hanno però scoperto l'apparecchiatura, collegata attraverso una serie di cavi al pc posto davanti alla porta di ingresso del bagno.

Il sede penale, il giudice ha condannato in primo grado il figlio dei titolari dell'azienda a un anno e sei mesi, ritenendolo colpevole del reato di interferenze illecite nella vita privata ai sensi dell'art.615 bis del Codice Penale, con il pagamento effettivo di una provvisionale di 10.000 euro a ciascuna delle quattro dipendenti. Anche se il licenziamento delle lavoratrici è stato successivamente convalidato per “giustificato motivo” a causa del perdurare della crisi in cui versava da tempo l'azienda, è stato però il giudice del lavoro a ritenere che del danno morale ricevuto dalle quattro donne vi fosse "ampia dimostrazione", disponendo il pagamento complessivo di 105.000 euro di risarcimento in base all'art.2087 del Codice Civile, che impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure idonee "necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".

Anche se con l'entrata in vigore del Jobs Act, sono state concesse maggiori aperture alle aziende sul controllo a distanza sui lavoratori, d'altra parte se siete un datore di lavoro che dubita dell'operato dei propri dipendenti, sappiate quindi che non è stato abolito né il Codice Penale e neppure il Codice della Privacy, e non sarà quindi il caso di improvvisarvi degli 007, come avverte Angelo Jannone, ex colonnello dei Carabinieri, noto per essere stato insieme a Giovanni Falcone autore delle indagini sul patrimonio di Totò Riina, oggi partner di Crowe Horwath e docente universitario: "Vi sono comportamenti che ledono la sfera privata dell'individuo e del lavoratore, che non possono ritenersi superati dal Jobs Act. Erano e rimangono reati. L’art.4 riformato, consente solo una maggior flessibilità sulla messa in atto di controlli di natura preventiva. Ed è ciò che ci si aspetta da datori di lavoro e aziende correttamente informati: la prevenzione di comportamenti infedeli o rischiosi viene prima. Ma sopratutto, quando si tratta poi di investigarli e contrastarli, è necessaria una visione interdisciplinare di norme e soluzioni. Quindi - spiega Jannone - impostare correttamente e lecitamente i controlli preventivi, attraverso accordi sindacali quando previsti ed una policy ampia e dettagliata, permette l’utilizzo degli anche output quali evidenze di condotte illecite. Ma se si abusa i guai sono dietro l’angolo."

Un quadro su poteri e limiti nei controlli che il datore di lavoro può svolgere sui dipendenti, sarà fatto il 22 marzo a Roma, in occasione di un workshop organizzato da AFGE, al quale interverrà la vice presidente del Garante per la Privacy Augusta Iannini, ed altri noti esperti della materia come Luca Bolognini e Diego Fulco, rispettivamente presidente e direttore dell' Istituto Italiano per la Privacy, il presidente di Federprivacy Nicola Bernardi, e lo stesso Angelo Jannone, che di recente ha scritto anche un libro sulle frodi aziendali.

Ufficio Stampa Federprivacy
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