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Mostre: Valle d’Aosta, tutto l'anno negli scatti del 'World Press Photo'

01 dicembre 2014 | 18.57
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Il Forte di Bard ospita, dal 6 dicembre al 6 gennaio 2015, la mostra World Press Photo, risultato del più importante concorso internazionale di fotogiornalismo organizzato dal 1955, dalla World Press Photo Foundation, organizzazione indipendente senza scopo di lucro con sede ad Amsterdam

 Foto di Peter Holgersson / Bildbyrån Str Betalbild
Foto di Peter Holgersson / Bildbyrån Str Betalbild

Il Forte di Bard ospita, dal 6 dicembre al 6 gennaio 2015, la mostra World Press Photo, risultato del più importante concorso internazionale di fotogiornalismo organizzato dal 1955, dalla World Press Photo Foundation, organizzazione indipendente senza scopo di lucro con sede ad Amsterdam. L’esposizione presenta le immagini più belle e rappresentative che per un anno intero hanno accompagnato, documentato e illustrato gli avvenimenti del nostro tempo sui giornali di tutto il mondo. In questa edizione hanno partecipato 5.754 fotografi provenienti da 132 paesi, per un totale di 98.671 immagini selezionate.

La popolarità del concorso è cresciuta costantemente a partire dal 1970 e oggi la mostra è visitabile ogni anno in 45 paesi e oltre 100 città. Una giuria indipendente formata da esperti internazionali si confronta ogni anno con migliaia di domande di partecipazione provenienti da tutto il mondo. In questa edizione sono stati premiati per le nove diverse categorie 53 fotografi provenienti da 25 nazionalità: Argentina, Australia, Azerbaijan, Bangladesh, Bulgaria, Cina, El Salvador, Finlandia, Francia, Germania, Giordania, Iran, Italia, Messico, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Russia, Serbia, Spagna, Stati Uniti, Sud Africa e Svezia.

L’immagine che si è aggiudicata il titolo di Foto dell’anno 2013 è quella del fotografo americano John Stanmeyer di VII Photo Agency. Nello scatto alcuni migranti africani di notte lungo la costa di Gibuti alzano al cielo i loro cellulari per captare il segnale dalla vicina Somalia per poter parlare con i loro cari. Lo Stato di Gibuti è una tappa consueta per i migranti in transito dalla Somalia, Etiopia ed Eritrea che cercano di arrivare in Europa e in Medio Oriente. L'istantanea, scattata per conto del National Geographic, ha vinto anche il primo premio nella categoria 'Contemporary Issues'.

Il percorso espositivo, allestito nelle sale delle Cantine del Forte, è suddiviso in nove sezioni equivalenti alle nove categorie del concorso: vita quotidiana, protagonisti dell’attualità, notizie brevi, notizie generali, natura, storie d’attualità, arte e spettacolo, ritratti, sport. Le immagini sono presentate senza censure.

L’esposizione "World Press Photo" non è soltanto una galleria di immagini sensazionali, ma è anche un documento storico che permette di rivivere gli eventi cruciali del nostro tempo. Il suo carattere internazionale e le centinaia di migliaia di persone che ogni anno nel mondo visitano la mostra, sono la dimostrazione della capacità che le immagini hanno di trascendere differenze culturali e linguistiche per raggiungere livelli altissimi e immediati di comunicazione.

Non a caso, alcune delle foto vincenti sono diventate, negli anni, dei simboli come la ragazza nuda che corre dopo un attacco di napalm in Vietnam, il monaco buddista che si dà fuoco e l’uomo in piedi di fronte ai carri armati in piazza Tienanmen. Il concorso crea un ponte tra i professionisti e il grande pubblico. Il "World Press Photo" organizza, infatti, una serie di progetti educativi e prepara seminari e workshop, destinati specificamente ai fotografi in paesi in cui l'ambiente educativo, professionale o politico non è favorevole allo sviluppo della fotografia giornalistica, contribuendo, inoltre, a sviluppare le competenze tecniche dei partecipanti e agevolando la percezione creativa.

Il "World Press Photo" lavora per generare il libero scambio di informazioni e si impegna a sostenere e promuovere standard elevati di fotogiornalismo e di fotografia documentaria attraverso il superamento delle barriere politiche e culturali, cercando di generare l’interesse di un pubblico ampio che apprezzi il lavoro del fotogiornalista.

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