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'Al Monte' Mannarino scopre che siamo prigionieri senza amore

09 maggio 2014 | 20.03
LETTURA: 7 minuti

'Al Monte' Mannarino scopre che siamo prigionieri senza amore

Cerca e ricerca "nel fondo del mare", in alto nel cielo, nel buio del dolore, negli occhi della vittima, in quelli del carnefice e poi, con leggerezza, sospende tutto, si pettina i capelli ed esce con la sua bella. E' Alessandro Mannarino, cantautore romano che nulla ha di scontato perché anche quando pensi di poterlo raccontare per simboli, gli stessi che lui usa lungo il sentiero del suo disco, scivola via all'improvviso da ogni categoria. E lascia nell'aria un ologramma a forma di domanda. Così, in un certo senso, è tutto il suo nuovo album, 'Al Monte' in uscita il 13 maggio: un mondo di dubbi e interrogativi che spronano a cambiare le coordinate, capovolgere gli assi cartesiani del nostro vivere sociale per scrivere la storia nuova di un pianeta dove, se regnassero le uniche divinità di Mannarino, l'amore e la libertà di essere, allora forse la vecchia storia che "siamo tutti uguali", comincerebbe ad odorare di terra e non di fumo.

Un pianeta che non è 'L'Impero', titolo di uno dei brani del disco in cui Mannarino racconta per immagini-parole di un Impero dove "il cardinale ha scritto la legge, il lupo è il pastore e gli uomini il gregge", dove "ci presero al laccio per la catena per farci spingere un'altalena", dove "un mostro potente dietro alla schiena nasconde un serpente". Ma anche qui, come in ogni vicenda umana messa in note dal cantautore, è l'amore ad avere le chiavi delle celle, di tutte le celle che la società costruisce per noi: "forse basta questa lacrima d'amore a riempire un gran deserto e a farci il mare", canta l'artista in "Signorina". Ecco perché, secondo Mannarino, è vivendo senza amore, che si perdono lucidità, eleganza e nobiltà, quelle vere, quelle dell'anima: "mi ha detto una ragazza all'ospedale che l'uomo si fa bestia quando non riceve amore', dice in "Malamor", il primo brano del disco, quello in cui il soldato non piangerà "mai più, adesso che sa "fare il saluto militare".

Di simboli-personaggi, oltre all'Impero, alla Signorina, al Soldato, al nuovo dio, nel disco ce ne sono tanti, perché Mannarino, quando ha cominciato a scrivere ha iniziato il suo viaggio verso il Monte che, spiega all'Adnkronos, "è una chimera che ti aiuta a camminare in avanti allontanandosi man mano e riuscendo così a vedere le strutture sociali in cui viviamo: una distanza che aiuta a non avere lo sguardo assuefatto". Un cammino di "formazione medievale", quindi, quello verso il Monte che ha dato a Mannarino (che ce lo offre in musica e parole) la libertà e la consapevolezza di poter proporre, e forse anche 'essere', "un pensiero più vergine, più umano e non ammalato dai concetti del cattolicesimo, della identificazione nello Stato che è un altra religione che viene usata per tenere a bada le persone e fargli fare una vita al minimo sindacale".

"Nello scrivere questo disco - racconta il cantautore - mi ha guidato la ricerca di pulizia e di responsabilità. Quando ho iniziato mi sono chiesto a cosa servisse l'uscita di un ennesimo disco oggi, nel marasma di informazioni e musica in cui viviamo e mi sono anche domandato a cosa servisse l'arte per me in questo momento. In giro si parlava di crisi e della necessità di evadere e di cercare nell'evasione la soluzione. Io, invece, mi sono detto che per uscire dalla crisi serviva una riflessione e un pensiero e quindi mi sono messo a pensare andando "Al Monte" e ho messo da parte la pancia lasciando più spazio alla testa, perché ho sentito che non era il momento dello sfogo, ma della ricerca. Così, nel cammino, ho usato un po' uno sguardo antropologico e un po' quello del bambino vergine e così ho cominciato a vedere".

E cosa ha visto Mannarino? Che "c'è una vera religione dello Stato, che non ha i santi ma i padri fondatori, che ha simboli come la bandiera, usati per inquadrare le persone. Quando chiedi giustizia, può accadere persino che tu venga picchiato. La parola giustizia, infatti, è un ossimoro: pretende di essere giusta ma non vede le condizioni di partenza di ciascuno prima di giudicarlo. Nel primo brano, 'Malamor', il protagonista è un uomo che porta la divisa". E lui per Mannarino è "la prima vittima di una violenza" e per questo, a sua volta, genererà altra violenza. Come racconta il cantautore in 'Scendi giù', dove si parla di un detenuto ammazzato dai secondini.

"Alla nascita siamo tutti uguali - spiega - poi uno diventa guardia e uno carcerato, uno diventa avvocato e uno servo della gleba, ma come si fa a non vedere - si chiede - che c'è un difetto di fondo in questa nostra aggregazione sociale se c'è così tanto dolore, povertà, scontro sociale? E c'è ancora l'idea che uno possa nascere cattivo. Concetto solo funzionale a chi ci lucra; è come il peccato originale che io trovo nello Stato dove, già appena nato, ti senti dire di stare attento a non diventare cattivo, a non infrangere la legge. E invece dovremmo muovere i primi passi con la consapevolezza di avere tutti enormi potenzialità per autorealizzarci. Ho usato volutamente vari personaggi come paradigmi, icone bizantine, carte dei tarocchi (la nuova divinità Deija, il Cardinale e tutti gli altri) che, mentre si cammina verso il Monte, cadono ad una ad una fino a quando, nel penultimo brano, si intravede la possibilità di reinventarsi il mondo, un altro pianeta e così alla fine troviamo 'Le Stelle' dove c'è semplicemente l'uomo con la sua umana natura".

E' sempre l'uomo in carne ossa, il punto di partenza e il punto di arrivo di Mannarino. Un uomo a cui le bandiere stanno strette, così come ogni altro dogma o recinto: "Nel sistema capitalista mondiale esistono le bandiere, come una religione, ma in realtà non esistono davvero gli Stati e gli stessi politici - denuncia - sono solo vassalli di un impero centrale finanziario a cui devono garantire dazi, tenendone una parte per loro". Ecco perché occorre andare 'Al Monte' e trovare il "coraggio intellettuale per resettare tutto e vedere le assurdità di ciò che ormai troviamo normale".

"Feuerbach - ricorda il cantautore - diceva che la religione è l'infanzia della filosofia, perché l'uomo nell'alienazione religiosa cerca fuori di sé ciò che deve trovare dentro di sè". Insomma "la vera rivoluzione è cambiare se stessi, ma per farlo bisogna prima liberarsi dal lavaggio del cervello che il bambino subisce".

Per fortuna "la salvezza viene dall'amore. E' il rapporto d'amore - secondo Mannarino - che, andando a toccare note così profonde che con la ragione non toccheresti mai, che ti mette in crisi" e ti consente così di fare il tuo viaggio. Un viaggio che in questo disco è musicalmente intenso, definito, forte. Suoni etnici e folklore sapientemente chiamati in causa a sottolineare in note che Mannarino ci sta chiamando tutti intorno a lui per ascoltare delle storie: Voci che accompagnano la sua e appaiono e scompaiono come una matita che sottolinea i momenti salienti. E le percussioni e i fiati che disegnano la scenografia. "In questo disco non sono più io il protagonista, ma siamo noi", dice. Come aggiungere altro?

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