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Ivano De Matteo indaga i confini della morale con 'I nostri ragazzi'

04 settembre 2014 | 17.44
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Il regista alle Giornate degli Autori: "Cosa fai se una bravata di tuo figlio si trasforma in un crimine?". Alessandro Gassmann: "Gli adolescenti? Generazione che vive la realtà filtrata da tante cose". Giovanna Mezzogiorno: "Tutti si fotografano la faccia perché milioni di persone la guardino, sintomo di un senso del terrore dell'isolamento"

Ivano De Matteo indaga i confini della morale con 'I nostri ragazzi'

Cinematografo.it - "Il libro di Herman Koch ('La cena', ndr) mi ha messo di fronte a una semplice domanda: che cosa fai se una bravata di tuo figlio si trasforma in un crimine, in un dramma? Una domanda tutto sommato semplice, ma la risposta è complicata. E mi auguro di non doverla mai dare". Così Ivano De Matteo racconta la genesi del suo nuovo film, 'I nostri ragazzi', alle Giornate degli Autori di Venezia.

Il film - liberamente ispirato al libro di Koch che 01 Distribution porterà nelle sale dal 5 settembre - racconta la storia di due fratelli, Paolo (Luigi Lo Cascio) e Massimo (Alessandro Gassmann), chirurgo pediatrico il primo, avvocato il secondo. Paolo è convinto che nella vita non sia poi così difficile scegliere da che parte stare, Massimo sembra avere confini morali un po' più sfumati. Le rispettive mogli, Clara (Giovanna Mezzogiorno) e Sofia (Barbora Bobulova), non vanno d'amore e d'accordo: sobria e raffinata la prima, meno snob la seconda.

I più uniti della famiglia sono i loro figli, gli adolescenti Michele (Jacopo Olmi Antinori) e Benedetta (Rosabell Laurenti Sellers), cugini inseparabili che una notte commetteranno una spregevole "bravata". Che si trasformerà presto in qualcosa di molto più grave e che finirà per mettere in discussione la tenuta dei principi morali dei rispettivi genitori.

"Anche io, da ragazzino, ho commesso qualche sciocchezza - racconta De Matteo - magari per scalare qualche gerarchia adolescenziale. Riconosco che nel film i due personaggi di Jacopo e Rosabell possano risultare sgradevoli, a prescindere dall'atto che commettono, questo perché credo che ognuno sia, soprattutto a quell'età, il frutto di chi c'era prima di noi. Quello che m'interessava davvero, però, era costruire l'umanità dei personaggi dei genitori, che finiscono per rimanere ghiacciati da quella notizia: c'è quello che hanno vissuto prima dell'atto, poi c'è l'atto stesso e poi c'è la decisione da prendere. E' giusto o meno denunciare? La giustizia è giusta? Quando faccio film - prosegue il regista - mi interessa trovare il male nei buoni e il bene nei cattivi: non mi interessa il colore della guaina di un filo elettrico, mi interessa arrivare al rame, spogliarlo".

Per Alessandro Gassmann, "orgoglioso di aver interpretato un personaggio che non avevo mai fatto", è difficile "discernere tra le due cose" dice, aggiungendo: "Ho un figlio di sedici anni, stessa generazione di cui Ivano parla nel film, una generazione che vive la realtà filtrata da tante cose, vere e finte". E sottolinea: "Per fortuna, anche nella realtà, esistono persone che cambiano atteggiamento o idea nei confronti delle cose della vita".

Cambiamento, lo stesso a cui è chiamato un attore quando deve interpretare ruoli così delicati: "Se dovessimo interpretare solo le cose che ci somigliano saremmo condannati a interpretare solo noi stessi" dice Lo Cascio, che spiega: "L'attore deve avere capacità mimetica, facendo uno sforzo di sconfinamento. Si smuovono cose personali, dalla lettura dello script al confronto col regista, e poi ci si lascia aggredire dal personaggio, che ci colonizza. L'attore non può non amare il proprio personaggio mettendosi sempre in discussione: un film deve essere sempre un'esperienza estrema. Condizione in cui per il personaggio si aprono spazi di crisi".

La stessa in cui sprofonda il personaggio di Giovanna Mezzogiorno: "Clara è una donna difficile da giudicare. E' una madre molto apprensiva nei confronti di questo figlio, che approccia sempre con un atteggiamento timoroso perché lo vede ostico, chiuso, trattandolo in maniera quasi reverenziale. Questa apprensione si trasforma poi in ferocia, quando è disposta a tutto per proteggerlo. E' un personaggio profondamente sbilanciato, ma chi può dire cosa si farebbe in una situazione del genere? Sono convinta che nella vita, in generale, non si cambia: quando accade qualcosa di estremo si apre una porta e viene fuori qualcosa che già c'era, qualcosa che magari ignoravamo di avere, ma che era già lì".

Dipinti in maniera negativa sin dall'inizio del film, i due adolescenti sembrano ostaggio delle derive tecnologiche dei nostri tempi: "Credo che la tecnologia di oggi, facendo un paragone molto forte, sia l'eroina degli anni '70. Con la differenza che i tossici di allora andavano in giro, davano fastidio. Mentre oggi chi abusa di questi mezzi viene quasi indotto a restare confinato dentro casa, isolato" dice ancora De Matteo, al quale si aggancia Giovanna Mezzogiorno: "La mia è una sensazione che nasce da un istinto, non da chissà quali riflessioni sociologiche, ma credo che dietro questi continui e brutali fatti di cronaca ci sia una solitudine irrisolvibile. E' un'epoca, la nostra, in cui tutti si fotografavano la faccia perché milioni di persone la guardino: sintomo di un senso del terrore dell'isolamento. Ma la distanza tra l'essere umano e la società, o i propri affetti, è sempre più incolmabile".

Adolescenti nel film, adolescenti nella vita, Rosabell Laurenti Sellers e Jacopo Olmi Antinori convergono nel riconoscere che la (de)formazione dei propri personaggi derivi dal modo in cui i rispettivi genitori li hanno viziati, ma sul discorso relativo alle derive del web la pensano in modo diverso: "E' innegabile che Internet, il sovraccarico di alcune immagini, finisca per normalizzare un certo tipo di violenza, quindi non sorprende molto che possa accadere quello che accade ai due ragazzi nel film" dice la giovane attrice, che il prossimo anno vedremo nel cast della quinta stagione del serial di successo 'Game of Thrones': "Diciamo che questo film mi è stato molto utile per capire come si prendono i calci, visto che lì sarà una delle cose che mi accadranno...".

"Io credo invece che il web, come tante altre cose, sia semplicemente uno strumento. Il problema semmai - dice invece Jacopo Olmi Antinori - è insito nella persona che finisce per commettere certe violenze".

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