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Cinema: lo psichiatra, '50 sfumature di grigio' genera stress

13 febbraio 2015 | 14.57
LETTURA: 4 minuti

Michele Cucchi, direttore sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano, lancia l'allarme: "Il film genera stress perché le spettatrici paragonano l'intensità della storia che vedono sullo schermo con la loro 'normale' quotidianità"

La lingerie ufficiale di '50 sfumature di grigio' (foto Infophoto)
La lingerie ufficiale di '50 sfumature di grigio' (foto Infophoto)

Si allarga il polverone mediatico sul fenomeno '50 sfumature di grigio'. Dopo aver lanciato una linea di sex toys (fotogallery) e incassato quasi due milioni di euro solo nel primo giorno di programmazione, il film ora "genera stress e tensione nelle donne". Almeno, secondo quanto afferma lo psichiatra Michele Cucchi, direttore sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano, che lancia l'allerta sulla 'sindrome di Mr. Grey'.

"Mr. Grey, il personaggio attorno a cui gira la trama del film, coglie nel segno numerosi aspetti che le donne ricercano costantemente nella loro quotidianità – afferma Cucchi – come la capacità di rendere speciale ogni piccolo gesto nella costante attenzione al corpo della donna. Le spettatrici si sentono così costantemente al centro della mente dell'uomo, scoprono sensazioni, parti del proprio essere femminile che non conoscevano e vivono costantemente la tensione della suspance".

"Ed è qui - prosegue lo psichiatra - che entra in gioco la 'sindrome di Mr. Grey', che si traduce in un forte impatto emotivo che nasce paragonando l'intensità della storia che viene riportata nel racconto, con la 'normale' quotidianità degli spettatori, troppo spesso caratterizzata da inerzia e lunghe fasi di stanca monotonia. Questo può far insorgere nei soggetti più sensibili un accumulo eccessivo di tensione e un forte senso d’inadeguatezza".

Secondo il parere di Cucchi è possibile anche ricavare dei benefici affrontando la 'sindrome di Mr. Grey': "Molte donne vivono in un limbo, fatto di scarsa conoscenza del proprio corpo e di sentieri inesplorati. Nel film, invece, trovano una strana piacevolezza nell'ambivalenza con cui si nutrono del rapporto di dominanza e sottomissione, in cui la protagonista sottomessa è tutto per Mr. Grey, che rappresenta il suo padrone. Questa modalità relazionale, che definirei una ‘prigione relazionale’, le fa sentire perennemente in una condizione di sottile eccitazione, che stimola la naturale propensione a prendersi cura dell'uomo, a servirlo, a pensare a lui, a cosa gli dà piacere, ai gesti del quotidiano che lo gratificheranno".

Ma il vero problema, secondo Cucchi, è un altro: "Oggi viviamo in un mondo che ci ha abituati a vivere solo sul pelo dell'acqua delle relazioni. Non le gustiamo nella loro immensa profondità. Così come abbiamo sempre fretta e non ci gustiamo il sapore di un caffè, i colori e le luci di un tramonto, ma semplicemente li percepiamo meccanicamente, così tutti noi spesso ci perdiamo la magia di una carezza, non sentiamo l'intensità dei profumi, perdiamo l'occasione di dire qualcosa con uno sguardo e di vedere la magia dei sentimenti negli occhi della nostra compagna".

"Alla fine in chi reagisce a questa sindrome prevale la voglia di sperimentare qualcosa che si era dimenticato, consapevoli che la quotidianità ci risucchia tutti, ma lo spazio mentale per certe attenzioni e l'intensità della passione - conclude Cucchi - non andrebbero mai persi e sempre preservati".

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