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Musica: i 75 anni di Faber senza lui

17 febbraio 2015 | 15.26
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Pochissime le iniziative 'consistenti' per ricordare Fabrizio de Andrè in occasione dell'anniversario della nascita: fra le altre un incontro domani a Cagliari, all'interno del festival 'Buon Compleanno Faber' che è tutta una celebrazione del musicista, e a Torino il 20, 21 e 22 febbraio al Tangram Teatro

Un giovane Fabrizio De Andrè sulla copertina di 'La buona novella'
Un giovane Fabrizio De Andrè sulla copertina di 'La buona novella'

Non è una di quelle ricorrenze 'tonde' che mobilitano penne e memoria ma i 75 anni dalla nascita del musicista, e poeta, Fabrizio De Andrè, (Genova, 18 febbraio 1940 - Milano, 11 gennaio 1999) domani l'anniversario, sembrano ricordarli davvero in pochi: pochissime le iniziative 'consistenti' per ricordarlo, fra le altre un incontro domani a Cagliari, all'interno del festival 'Buon Compleanno Faber' che è tutta una celebrazione del musicista, e a Torino il 20, 21 e 22 febbraio al Tangram Teatro.

De Andrè genovese di Pegli, in una città dove il quartiere conta, amò la sua Genova e ne cantò le strade, i volti, i sapori, come nella canzone 'La città vecchia': "Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli. In quell'aria spessa carica di sale, gonfia di odori, lì ci troverai i ladri gli assassini e il tipo strano, quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano". Non solo carrugi nei versi di Faber che nelle sue canzoni ha riverberato anche gli spazi della campagna astigiana dove sfollò con la famiglia, dopo i bombardamenti del 1941, a Revignano d'Asti dove il padre aveva acquistato la 'Cascina dell'Orto'. Un padre salutato presto, quando a 18 anni se ne andò di casa per studiare giurisprudenza.

A sei esami dalla laurea arrivarono i primi contratti discografici e il futuro avvocato lasciò gli studi per dedicarsi esclusivamente alla musica. De Andrè cantò l'amore, le prostitute, i più 'umili', ma sopratutto cantò il tempo, che a 16 anni dalla sua scomparsa, causata da un tumore ai polmoni, non ha scalfito il suo ricordo, rimasto indelebile nel cuore della cultura popolare italiana. "Anche la luce sembra morire, nell'ombra incerta di un divenire, dove anche l'alba diventa sera e i volti sembrano teschi di cera", cantava De Andrè in 'Inverno'.

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