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Cinema: il dramma dei curdi in 'La canzone perduta' di Mintas

22 febbraio 2016 | 12.03
LETTURA: 4 minuti

Feyyaz Duman in una scena di 'La canzone perduta'
Feyyaz Duman in una scena di 'La canzone perduta'

Esce in sala 'La canzone perduta' del giovane regista curdo-turco Erol Mintaş, titolo originale 'Klama Dayika Min' ('Song of my Mother'): sarà nelle sale italiane da giovedì 24 marzo, con la distribuzione di Lab 80 film. Vincitore di diversi premi internazionali, tra cui il Sarajevo Film Festival 2014 come Miglior film, il lungometraggio racconta la quotidianità di Ali, brillante e giovane maestro curdo, interpretato da Feyyaz Duman, e della sua anziana madre, Nigar, impersonata da Zubeyde Ronahi. Costretti a lasciare il proprio villaggio negli anni Novanta, i due si sono trasferiti nell’estrema periferia di Istanbul: un deserto di cemento che accoglie numerosi rifugiati curdi. Ali insegna, scrive libri e ha una relazione con una ragazza. Sua madre invece non si rassegna alla nuova vita ed è tormentata dal desiderio di tornare al villaggio: prepara ripetitivamente i bagagli per partire, convinta che amici e vicini abbiano già lasciato Istanbul per tornare alle origini, e spesso vaga per la città.

Ali cerca di spiegare alla madre che nessuno ha fatto ritorno, si prende cura di lei affettuosamente e fa di tutto per cercare la vecchia canzone tradizionale che lei desidera tanto ma che nessuno sembra conoscere. Quando la sua fidanzata resta incinta, il desiderio di inserirsi e affermarsi nella realtà turca di Ali e il richiamo alle origini rappresentato dal tormento di sua madre sembrano diventare inconciliabili.

Un film delicato e allo stesso tempo forte, in cui la questione curda resta sempre sullo sfondo ma è evidentemente origine di tutti i problemi che i protagonisti vivono. Al centro il tema della lingua: portatrice di identità e tradizione per un popolo a lungo costretto a rinnegarla.

Dice il regista Erol Mintaş: "Sono un curdo cresciuto in Turchia negli anni Novanta, quando tutti i legami dei curdi con la loro lingua materna erano stati tagliati. Per me, mia madre è stata di fondamentale importanza per mantenere viva la mia lingua. Mi raccontava tante storie e forse questo mi ha fatto sentire il bisogno di fare lo stesso. Ci sono molte persone come la madre di Ali, che hanno dovuto lasciare le loro case. Da questo è nata l’idea del film".

"Abbiamo scelto di distribuire questo film perché affronta con la giusta misura un tema in questo momento così importante -spiega Alberto Valtellina, responsabile della distribuzione per Lab 80 film- Sia il regista sia la produzione sono giovani esordienti e hanno saputo realizzare un lungometraggio davvero interessante. Come distributori abbiamo voluto dare un contributo anche politico, nel senso più nobile del termine: ci piacerebbe che 'La canzone perduta' muovesse alla discussione, perché ci piace il cinema che ha un impatto sulla contemporaneità e questo film in particolare sa fornire elementi per una discussione ampia e costruttiva", conclude Valtellina.

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