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Circo: Buccioni (Enc), in Italia nessun rischio Barnum ma Stato ci ha traditi

16 gennaio 2017 | 16.39
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Circo: Buccioni (Enc), in Italia nessun rischio Barnum ma Stato ci ha traditi

Non c'è il rischio di un 'effetto Barnum' sui circhi italiani, ma lo Stato ha tradito il "patto d'onore" siglato con il settore, che ha dato vita alla legge 337 del 1968. Parola di Antonio Buccioni, presidente dell'Ente Nazionale Circhi (Enc), che raggruppa i circa cento circhi italiani. In un'intervista all'Adnkronos Buccioni spiega che la situazione del Barnum "non è neppure lontanissimamente paragonabile a quella del settore italiano, perché il marchio del più famoso circo americano, diventato Ringling Brothers and Barnum & Bailey, era di proprietà di una società ipercapitalistica che allestisce una media di 42 spettacoli diversi. Un'azienda che opera con mentalità industriale e di conseguenza taglia tutto ciò che non fa più i business di una volta".

Tra i fattori della crisi del celebre circo americano, secondo Buccioni, "c'è la dismissione degli elefanti, animali-simbolo del Barnum. Una scelta, dettata dalle forti pressioni degli animalisti, che però non ha incontrato il favore di buona parte del pubblico".

In Italia la situazione è diversa "perché - spiega il presidente dell'Enc - non ci sono catene industriali a gestire i circhi, che invece sono nelle mani di alcune famiglie che perpetuano questo tipo di spettacolo per una tradizione tramandata da padre in figlio, da nonno a nipote quando non da bisnonno a bisnipote...". Una tradizione 'artigianale', sottolinea Buccioni. Che però non scongiura del tutto i rischi per il settore: "La Repubblica - dice - ha tradito il 'patto d'onore', nonché legislativo, contratto con la gente del circo il 18 marzo del 1968, con l'emanazione della legge 337".

La legge prevedeva che ogni comune del Belpaese si dotasse di una o più aree attrezzate, provviste di attacchi idrici, elettrici e rete fognaria, da adibire a circhi e parchi di divertimento. "Un compito che doveva essere completato entro il 1968 stesso - spiega Buccioni - E ancora nel 1995 il Viminale ricordava ai comuni di assolvere agli obblighi previsti dalla legge 337".

"Nessuno però lo ha fatto. Anzi - evidenzia il presidente dell'Enc - nel frattempo sono arrivati provvedimenti che hanno privato i circhi di una serie di agevolazioni che all'epoca erano state accordate loro in virtù di una riconosciuta funzione sociale, culturale e pedagogica. A queste si sono aggiunti gli attacchi insensati degli animalisti, con l'inaudita pretesa di prevaricare le scelte di migliaia di famiglie italiane che portano i figli al circo ritenendolo uno spettacolo edificante per la formazione dei propri figli".

Eppure oggi i circhi italiani "che sono un centinaio tra quelli che operano stabilmente in Italia e quelli che hanno scelto di trasferirsi in altri paesi, soprattutto Spagna, Portogallo e Balcani", vivono esclusivamente "grazie al pubblico pagante - dice Buccioni - visto che le risorse pubbliche sono praticamente insignificanti. Ai circhi va infatti lo 0,6% del Fus pari a circa 1 milione di euro, erogato ai dieci nomi più importanti, mentre agli altri non va nulla. Nonostante questo, continuano a montare i tendoni e ad allestire gli spettacoli, segno che il circo esiste perché ha ancora un pubblico che ama questo spettacolo popolare e paga per vederlo".

L'Italia inoltre ha una grande tradizione sia tecnica che artistica nel settore. "Forniamo al mondo - evidenzia Buccioni - ogni tipo di specializzazione, dalle imprese che costruiscono tendoni e strutture, fino agli artisti. Non a caso il clown più famoso del Barnum è David Vassallo, che ha lavorato nei più importanti circhi italiani. E poi i fratelli Pellegrini, acrobati famosi in tutto il mondo, o i Savio. Per non parlare di domatori di cavalli come Flavio Togni, che ha vinto premi internazionali". Insomma, conclude il presidente dell'Enc, "un settore artigianale fatto di grandi famiglie che portano avanti una tradizione da non disperdere".

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