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Payne: "In 'Downsizing' ambiente e umanesimo ma Trump non c'entra"

30 agosto 2017 | 15.40
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Il regista Alexander Payne
Il regista Alexander Payne

(Adnkronos/Cinematografo.it) - “Come reagiranno Trump e la sua America? Noi facciamo film per tutti”. Parola del regista Alexander Payne che apre la Mostra del Cinema di Venezia con il suo 'Downsizing', un film di fantascienza ambientalista, che parte dalla soluzione trovata da un gruppo di scienziati norvegesi al problema della sovrappopolazione e dei cambiamenti climatici: rimpicciolire uomini e donne a ometti e donnine di dodici centimetri. In circa due secoli la transizione dal grande al piccolo potrà essere completata e il pianeta tornerà a respirare giacché le microcomunità producono microquantità di spazzatura.

Ad accogliere questa promessa di felicità, e di benessere economico (anche i soldi diventano giganti in un mondo in miniatura), sono anche l’uomo comune Paul Safranek (Matt Damon) e la moglie Audrey (Kristen Wiig), decisi ad abbandonare stress e ristrettezze della loro vita in Omaha, Nebraska, per una comunità di piccoletti in New Mexico.

Nel cast anche Christoph Waltz, Hong Chau e Udo Kier. Scritto da Payne con l’abituale partner Jim Taylor, il film “ha lo stesso sense of humour dei nostri inizi”, dicono i due cineasti, mentre Damon non lesina i complimenti: “Qualsiasi attore vorrebbe lavorare con Alexander, per lui reciterei anche l’elenco telefonico”. Aggiunge l’attore, “Downsizing è uno strumento potentissimo di empatia, credo sia il film più ottimista di Alexander Payne, nel nostro stare insieme c’è senso”. Gli fa eco la Wiig, “il film da dichiarazioni importanti su ambiente e mondo, credo sia la sua ragion d’essere”, mentre Hong Chau, la vera protagonista femminile dei film nei panni di un’attivista vietnamita rimpicciolita e amputata, ribadisce gli “argomenti seri, ma io direi che è soprattutto un film divertente, c’è humour fino alla fine”. Damon plaude inoltre allo “script preciso: Payne è un regista meticoloso, disposto a fare 20-30 ciak se necessario. Con lui è un compito facile per l’attore, si sa sempre che fare”.

Venendo al versante politico, l’idea che al centro del film ci sia un americano educato da europei e un’asiatica è per Taylor “interessante, ma non ci avevamo pensato”, mentre il regista lo battezza “un film ottimista e pessimista insieme”. Su Trump Payne non si sbilancia e parla di “film per tutti”. E il sodale Taylor gli dà man forte: “Non vogliamo evitare la politica, ma noi siamo più interessati all’umanesimo”.

Delle “conseguenze fisiche del rimpicciolimento non ci siamo curati, ci interessava la storia”, confessa Payne, facendo i complimenti alla scenografa Stefania Cella, abituale collaboratrice di Paolo Sorrentino – è sul set di Loro, NdR – “una piccola donna con tanti capelli e tante idee”.

Payne accoglie anche l’ispirazione, buttata lì da un giornalista, a Cechov, ma non senza schermirsi: “Non confronterei il mio lavoro con questo grande maestro, eppure, Cechov non ha mai perso l’umorismo, il tocco leggero, contrapponendo l’effetto emotivo al background freddo”.

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