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'Il Socialista'

Spettacoli: Fiorello, facebook meglio della tv troppo irreggimentata

21 novembre 2017 | 17.33
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Rosario Fiorello
Rosario Fiorello

"Mi diverto come un pazzo… Cerco di far capire che l’età non conta. Che se hai delle idee, anche a 50 anni, come faceva Arbore, puoi incontrare il pubblico più giovane di te. Facebook apre una strada, vediamo dove porterà". Così a Vanity Fair, che gli dedica la copertina del numero in edicola da domani, mercoledì 22 novembre, lo showman Rosario Fiorello racconta la sua nuova avventura, Il Socialista, programma radio che conduce ogni giorno alle 13 sulla sua pagina Facebook – http://www.facebook.com/Fiorello.Official – e che il mattino dopo va in onda in versione ridotta su Radio Deejay, dove 27 anni fa iniziò la sua carriera.

Carriera che Fiorello ripercorre nell’intervista, per parlare anche del suo carattere, del suo passato, del suo futuro e di un tema di scottante attualità. "A metà degli anni ‘70, gli amici parlavano del villaggio con toni mitologici. 'Non è un albergo, ci sono le capanne, non c’è il direttore, ma ‘u capovillaggio e la sera ballano tutti nudi, scalzi, con i parei, le tette di fuori, la marijuana libera. Hai presente Vuudstocche?'. Alla fine fui assunto. Dopo aver venduto le verdure in mezzo alla via, aver fatto il muratore, il meccanico e anche il telefonista in una ditta di pompe funebri, il villaggio era un bel salto. Quelli che mi vogliono denigrare dicono 'viene dai villaggi'. Ma io so che se non ci fosse stato il prima, non ci sarebbe stato neanche il dopo. Il villaggio è stata la mia scuola".

Dopo il villaggio è arrivata la tv, ma ora? "È possibile che non la faccia mai più, sì. Per me l’importante è fare spettacolo. Con una o con tremila persone, è uguale. Accadrà finché vivrò perché sono riuscito a smettere di fumare, ma non riesco a smettere di pensare al mio mestiere. La Tv è un’altra cosa. È il meno veritiero dei mezzi con cui mi esprimo. Il più irreggimentato. È vero che sono pigro, che mi piace stare a casa con le mie figlie e con Susanna, che il mio divano è la mia Arca e che quando faccio qualcosa di importante, per un effetto psicosomatico, vorrei regolarmente ammalarmi. Ma è vero anche che per adesso non ne ho più voglia. Non ho più voglia di stupire, mi sono stufato dell’ansia da prestazione, delle riunioni infinite, della liturgia".

Fiorello, quanto al proprio carattere, non si fa sconti: "Sì, sono permaloso e rancoroso e faccio molta fatica ad accettare le critiche. Sono fatto così: ti posso piacere o meno, tu sei libero di dire ciò che vuoi, io di non fare più un varietà. Poi i tempi sono cambiati e non è detto che ciò che andava bene ieri vada bene anche oggi. Vedo gente che con il 22 per cento di share stappa lo champagne. Noi arrivammo al 63. Quanto dovrei fare ora per non deludere le aspettative?".

"Tra qualche mese compirò 58 anni - racconta Fiore - L’età che aveva mio padre quando morì. Ci penso, con ansia sottile e malcelata scaramanzia, quasi ogni giorno. Ero a Sanremo per il Festival del 1990 e verso le 11 di sera telefonai a casa per salutare i miei genitori. Avevo la mania di avvisarli, di fargli sapere sempre dove fossi. Alla fine trovai un parente. 'Rosà - mi disse - tuo padre si è sentito male'. 'È morto, vero?' risposi. Ballava con mia madre, disse 'ho dimenticato le sigarette, vado a prenderle', lo trovarono nel parcheggio, vicino alla macchina, alla festa di Carnevale. Fu una botta spaventosa. Raggiunsi il villaggio Valtur di Pila, in Val D’Aosta, per parlare con mio fratello. Aprì la porta della sua stanza alle 6 del mattino: "Da adesso dobbiamo fare da soli, Beppe. Papà non c’è più".

"Un tempo le persone mi chiedevano gli autografi e dicevano 'È per me'. Poi siamo passati alle madri, alle zie e alle nonne. Quando arriveremo alle bisnonne capirò che è finita'. Avevo detto che mi sarei ritirato a 60 anni, ma ci riuscirò? Non vorrei fare come i Pooh che sono stati recentemente premiati per il seicentesimo addio annunciato in carriera". Programmi per il futuro? "Vorrei invecchiare, ma purtroppo non ci riesco".

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