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Trionfa a Santa Cecilia la 'Iolanta' di Cajkovskij diretta da Gergiev

12 gennaio 2018 | 15.53
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(foto Musacchio & Ianniello)
(foto Musacchio & Ianniello)

Lunghi applausi e ovazioni hanno accolto ieri sera all'Auditorium Parco della Musica di Roma la 'Iolanta' di Piotr Ili'c Cajkovskij. L'opera, rappresentata in forma di concerto, ha inaugurato il Festival dedicato al compositore russo nell'ambito della stagione sinfonica dell'Accademia di Santa Cecilia, e vede il grande direttore Valery Gergiev alle prese con due orchestre al top: quella della fondazione lirica, che ha diretto insieme al Coro dell'Accademia ieri sera nella 'Iolanta' (repliche stasera alle 20,30 e domani alle 18), e quella del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, del quale è direttore artistico, che dirigerà invece nell'integrale delle sinfonie di Cajkovskij in programma domenica, lunedì e martedì prossimi.

L'opera è molto popolare in Russia mentre è invece pressoché sconosciuta in Italia, dove solo l'Accademia di Santa Cecilia l'ha eseguita tre volte in poco più di trent'anni: nel 1985 e nel 2001, affidata in entrambi i casi alla bacchetta di Yuri Temirkanov, e adesso diretta da Gergiev. Altre poche istituzioni italiane l'hanno rappresentata, ma sempre in forma di concerto. Eppure l'ultima opera teatrale di Cajkovskij (composta tra il 1891 e il 1892), è frutto della maturità musicale del compositore e ne racchiude la profonda conoscenza del repertorio italiano, francese e tedesco. Inoltre, al di là di qualche eco wagneriana sparsa qua e là nella partitura, testimonia come Cajkovskij fosse tra i pochissimi compositori romantici a resistere al magistero di Wagner.

Il libretto di Modest Ili'c Cajkovskij (fratello del musicista), tratto dal dramma 'La figlia di re Renato' di Henrik Hertz, racconta la storia di Jolanta figlia del re Renato (Renato d'Angiò che regnò in Provenza nel XV secolo), cieca dalla nascita e segregata in un castello isolato dove è tenuta all'oscuro del suo handicap: lei non sa per niente che esista il senso della vista perché nessuno, per volere del padre, glielo ha mai detto, ed è convinta che gli occhi servano solo per piangere. Finché l'amore di un giovane cavaliere e le cure di un medico arabo la faranno guarire.

Il clima nel quale Cajkovskij immerge la storia di Jolanta è quello di una fiaba lirica, lontano dalle forti passioni di capolavori come 'Evgenij Onegin' o 'La Dama di Picche', dove le sfumature musicali soffuse, le atmosfere indefinite, affondano attraverso la fiaba nella dimensione psicologica dei protagonisti. Come aveva spiegato lo stesso Gergiev qualche giorno fa, Cajkovskij in questo atto unico "fa un uso molto particolare del colore orchestrale, cercando di rendere il passaggio dall’oscurità alla luce", dalla cecità alla guarigione.

L'esecuzione di Gergiev, dell'orchestra di Santa Cecilia, del Coro e dei 10 solisti è stata perfetta, senza un solo cedimento da parte di alcuno di loro. Merito certamente del maestro russo che ha diretto tantissime volte quest'opera, nei cui confronti - e si sente - nutre un amore incondizionato. Ma merito anche dei complessi ceciliani (il coro è preparato da Ciro Visco) che hanno restituito perfettamente le morbidezze, le trasparenze e la malinconia che Gergiev tira fuori dalla partitura di Cajkovskij.

Il maestro russo, che è un talent scout di grandi voci (sua la 'scoperta' del soprano Anna Netrebko), anche in questo caso ha mantenuto le promesse. Tutti i cantanti li ha portati con sé da San Pietroburgo e qualcuno di loro, come l'eccellente baritono Roman Burdenko (il medico), ha partecipato nel 2009 al programma Opera Studio per giovani cantanti dell'Accademia di Santa Cecilia.

La protagonista, Irina Churilova, ha doti vocali perfette per una parte che vuole pianissimi vellutati ma anche un volume in grado di dominare pieni orchestrali. Straordinari il basso Stanislav Trofimov (il re), il tenore Najmiddin Mavlyanov (Vaudémont), il baritono Alexei Markov (Robert). Di altissimo livello tutti gli altri.

Alla fine il solito fuggi fuggi di parte del pubblico all'accendersi delle luci in una sala piena ma non gremita, anzi con diversi posti vuoti. In linea con lo spirito della 'Iolanta': "Come posso desiderare ciò che capisco solo confusamente?", dice infatti la protagonista rivolta al padre. Una verità che andrebbe scolpita sui portali di tutte le istituzioni musicali italiane, ben visibile al pubblico.

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