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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

23 maggio 2017 | 10.02
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

Una patrimoniale sulle rendite finanziarie da 200 miliardi di euro. Reddito di cittadinanza sì, ma da accoppiare a salario minimo e lotta al nero. Web tax e Irpef più cara sui redditi alti. L'economista Giovanni Dosi, intervistato da 'La Repubblica', ci tiene a dire una cosa: "Non sono l’economista dei 5 stelle".

Insegna alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa e ha un curriculum molto diverso dagli esperti di area M5S. Sta dando consigli sul programma, però. E non crede nell’uscita dall’euro. "Quel che serve -ha spiegato- è non rinnovare il Fiscal compact". Perché? "Ci lega le mani -ha continuato- sulla possibilità di aumentare il deficit".

"Quando c’è -ha concluso- una tale forza lavoro inutilizzata, una tale possibilità di espansione, e il moltiplicatore della spesa pubblica è alto, la maniera per diminuire il debito è, paradossalmente, aumentare il deficit".

"L’obiettivo di breve termine è ridurre i costi e stabilizzare i ricavi e poi incrementarli. In parallelo, dobbiamo raccogliere dal mercato tutte le sollecitazioni possibili e verificare la soluzione più appropriata per un’Alitalia se possibile unita e forte". Così, intervistato da 'La Stampa', il commissario di Alitalia, Enrico Laghi.

"Le manifestazioni di interesse preliminari -continua Laghi- devono arrivare entro il 5 giugno; in ogni caso abbiamo sei mesi (più tre) per scrivere il nostro piano dell’amministrazione straordinaria che sarà lo strumento con cui definiremo il prossimo futuro. Dalle analisi strategiche discenderà se ampliare e in quale misura il lungo raggio e se, e quanto, rafforzare il corto e medio".

"Tutto dovrà essere bilanciato -conclude- nel rispetto della strategia finale a cui sta lavorando Stefano Paleari e del partner che verrà individuato mediante la procedura iniziata il 17 maggio. C’è ancora tempo".

La prima urgenza dell'Italia si chiama debito pubblico, dice, intervistato da 'La Stampa', Antonio Tajani, dal 17 gennaio presidente dell’Europarlamento.

"È troppo alto, è inaccettabile -spiega- avere un debito pubblico oltre il 130%. L’Italia deve ridurlo assolutamente e contemporaneamente aiutare le piccole e medie imprese, gli artigiani e i commercianti ad avere regole che consentano loro di essere competitivi a livello globale". Nessuna procedura in arrivo da Bruxelles per l’eccessivo debito pubblico. È un dato positivo non crede? "Sì, questo avrebbe reso più complicata la situazione economica del Paese rallentando le iniziative per tornare a valori di crescita economica come altri Paesi".

"Nonostante la legge che tutela dalle discriminazioni di genere a livello salariale fin dal 1970, le differenze salariali e soprattutto nel reddito complessivo di uomini e donne continuano ad esserci. Per sconfiggerle non si può agire solo sui salari, né solo sulle imprese, bisogna rompere l’intero processo a catena che si innesta nei percorsi di vita di donne e uomini". Lo scrive sulla stampa la statistica Linda Laura Sabbadini.

"Partiamo dal primo tassello, il salario di fatto -continua- che percepisce una donna in azienda. Comprende delle voci che fanno la differenza, straordinari, premi, che sono sempre sistematicamente più basse per le donne. D’altro canto non dobbiamo meravigliarci, le donne a livello aziendale sono spesso considerate come un costo, fanno anche meno formazione. Gli stereotipi le penalizzano".

"Ma vediamo gli altri meccanismi a catena. Ormai le donne -conclude- hanno una istruzione più alta degli uomini, ma la verità è che si indirizzano ancora su percorsi prima formativi e poi lavorativi non premianti, e ognuno di quei passaggi agisce sul risultato finale delle retribuzioni. Sono concentrate in settori particolari. È il caso della scuola primaria e secondaria, del tessile, dei servizi alla persona, delle attività impiegatizie del terziario. Spesso questi settori, sono anche quelli meno remunerati".

"Uscire dalla moneta unica creerebbe più problemi che opportunità. Lo dicono anche coloro che sostengono che sarebbe stato meglio non entrarci. Quindi il problema si sposta sul tema: cosa fare per rafforzare l’euro e migliorare la nostra posizione? La sfida è duplice". Lo scrivono sul 'Sole 24 ore', Carlo Dell'Aringa e Paolo Guerrieri.

"Da un lato -spiegano- dare il nostro contributo a promuovere un nuovo corso delle politiche europee per rinnovare modalità e tempi del funzionamento dell’area euro. Dall’altro, rafforzare e accelerare le riforme necessarie ad accrescere il nostro potenziale di crescita. Sul versante europeo la debolezza è data da politiche e un assetto istituzionale dell’area monetaria che non sono ancora adeguati per fronteggiare gli elevati costi sociali e le divergenze tra i Paesi, generati dai lunghi anni di crisi".

"Un dato di fatto -concludono- è che l’unico motore dell’espansione in corso è il Quantitative easing (Qe) della Bce, un programma destinato a rientrare già a partire dal prossimo anno. Ma il Qe non basta. Servono politiche fiscali espansive a livello della zona euro nel suo complesso (la cosiddetta “fiscal stance”), come proposto dalla stessa Commissione, unitamente a un incremento degli investimenti su scala europea, soprattutto pubblici, andando al di là del piano Juncker, in modo da accrescere sia la domanda sia la capacità di offerta di lungo periodo, a livello europeo".

"Gli investimenti privati stanno già componendo gli elementi che contribuiscono a mutare il volto della città. Soprattutto perché consolidano il cambiamento di profilo dell’antica città industriale, con interventi che introducono una logica orientata alla produzione e al consumo di servizi in luogo della produzione manifatturiera". Lo scrive, riguardo il futuro di Torino, l'economista Giuseppe Berta, in un intervento sul 'Sole 24 ore'.

"Ciò non oscura, beninteso, le tendenze -conclude- al degrado che si manifestano nella struttura urbana e che non possono essere trascurate. I poteri pubblici devono misurarsi con gli investimenti privati affinché da quest’interazione possano derivare strategie di scambio e di negoziazione tali da dare luogo a una visione composita della città. Di sicuro il confronto tra pubblico e privato è il momento da cui ripartire per delineare un futuro per Torino".

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