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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

09 agosto 2017 | 10.31
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

Al centro dei giornali in edicola oggi l'anniversario della strage di Marcinelle, la questione migranti e l'allarme incendi.

'Repubblica' raccoglie la testimonianza di Mario Ziccardi, che dal 1954 vive in Belgio, un ex minatore che a Marcinelle, l’8 agosto del 1956, si salvò in quanto non era presente al Bois du Cazier: "Eravamo come i migranti di oggi, in fuga da un Paese che non ci poteva garantire nessun futuro. Sono passati 61 anni, ma ogni volta che ci penso mi viene da piangere". E aggiunge: "Anche noi, come i migranti di oggi, eravamo mal visti dalla gente. Ci dicevano che eravamo andati in Belgio a rubare il lavoro, ci trattavano come esseri inferiori. Però una cosa vorrei dirla: noi lavoravamo dalla mattina alla sera, io ogni giorno mi facevo sette chilometri a piedi per andare in miniera e poi scendevo a 1.100 metri sotto terra. Guadagnavo 120 franchi al giorno, una miseria, ma bastava per mettere qualcosa dentro la pentola. E non c’era perdono per chi commetteva qualche reato: espulsione immediata. Ecco, va bene accogliere i migranti, ma chi sbaglia deve pagare. Da questo punto di vista l’Italia dovrebbe essere più severa".

In un'intervista al 'Corriere della sera', il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, afferma: "La Chiesa non cessa di richiamare tutti i responsabili politici del pianeta a non anteporre gli interessi nazionali, o comunque particolari, al bene comune, al rispetto del diritto internazionale, non il diritto alla forza, ma la forza del diritto, allo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, alla concordia e alla collaborazione tra le nazioni. E il metodo è sempre il dialogo".

Alla 'Stampa', Andrea Riccardi, ex ministro e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, dice: "Al di là delle polemiche, siamo di fronte a un problema di equilibrio più che di accoglienza. Assistiamo a un fenomeno epocale come lo spostamento di masse dal Sud del mondo e dobbiamo reagire in modo intelligente. Una politica di chiusura come quella auspicata dai Paesi dell’Est è contro la storia, anche perché noi abbiamo bisogno di quelle persone per ragioni demografiche. Non abbiamo più quote di migranti da anni (se non stagionali) ed è un grave gap perché le quote, insieme ai corridoi umanitari, svuotano un po’ la pressione migratoria e contribuiscono al benessere dell’Italia. Non ho una posizione buonista ma realista. È chiaro che l’Italia si trova in una posizione difficile per la gravissima mancanza di solidarietà europea che inficia il progetto Ue: rispetto alla spinta dell’Africa, con una popolazione che nel 2100 sarà il 40% di quella mondiale, nessun Paese può fare da solo, la risposta deve essere europea".

La 'Stampa' intervista Dimitris Avramopoulos, commissario europeo per la Migrazioni: "La situazione ci impone di ampliare gli sforzi nella regione, cosa che l’Europa sta facendo da tempo, rafforzando il dialogo e la cooperazione con la Libia e gli altri Stati africani di transito. I contatti sono produttivi con l’Egitto e anche l’Algeria dimostra volontà di collaborare. È necessario rafforzare la capacità di gestire chi arriva. In tre modi: gestendo più rapidamente le richieste di asilo, ridistribuendo chi ha diritto di restare, rimpatriando in fretta chi il diritto non ce l’ha. C’è molta gente che aspetta di partire. Solo l’azione collettiva può fermare i flussi".

Sull'allarme incendi, la 'Stampa' intervista Giuseppe Romano, direttore centrale per l’emergenza: "La divisione tra vigili del fuoco volontari e professionisti non esiste solo in Italia, ma in gran parte degli Stati. La regola sul pagamento degli stipendi da noi è in vigore dal 1941, ma credo sia un’anomalia su cui dovremo discutere. Credo sia più giusto pagare i volontari sulla base delle ore. Così evitiamo che qualcuno diventati un piromane per aumentare il numero degli interventi retribuiti". E ai sindacati che denunciano carenze d’organico dice: "Quest’estate i nostri uomini sono stati messi a dura prova da un numero spropositato di incendi. Le squadre hanno fatto, e stanno ancora facendo, un lavoro davvero molto pesante. Le persone sono affaticate, diciamo che in questa circostanza si è evidenziata con chiarezza la necessità di rafforzare gli organici".

Sull'allarme della Ragioneria generale dello Stato in materia di età pensionabile, interviene Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera dei deputati, intervistato dal 'Corriere della sera': "Non si può ridurre tutto a un semplice calcolo geometrico. Dietro quei numeri c’è la vita delle persone. Ed è alla vita delle persone che la politica deve guardare", avverte parlando di "un intervento a gambina tesa, un altro tentativo per fermare il dibattito sulla revisione di un meccanismo che non è più giustificato". "Nessuno ha mai chiesto di cancellare del tutto quel meccanismo. Io e il collega Sacconi abbiamo solo chiesto di studiarne uno nuovo che rallenti l’aumento dell’età della pensione. Già oggi, in questo campo, l’Italia ha il record mondiale. Non esageriamo", ricorda.

Nel decennale dello scoppio della crisi, la 'Stampa' intervista David Ambinder, all’epoca capo della divisione 'Business support services' di Lehman Brothers: "A fine 2007 si percepivano segnali strani, licenziamenti di gruppo, meeting frenetici, operazioni straordinarie, ma non si aveva sentore che sarebbe capitato qualcosa di così enorme. Nell’estate del 2008 la situazione è precipitata", racconta. Quanto alla situazione oggi, afferma, "guardando a come si è ripreso il Paese e i mercati, si dovrebbe dire che la gestione della crisi finanziaria, come quella dell’auto, ha funzionato". Tuttavia, ammette, Wall Street non ha imparato la lezione: "Le crisi e gli scandali che si sono succeduti negli ultimi 20 anni lo dimostrano: si tratta di fenomeni ciclici che si ripropongono e si riproporranno. Specie se si persegue sulla strada della deregolamentazione spinta".

Ad 'Avvenire' l'economista Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, dice: "La ferita della Grande Crisi si è rimarginata, ma ha lasciato cicatrici profonde e ancora ben visibili. Si è chiusa la fase di ciclo economico negativo, però i problemi globali con cui fare i conti non mancano di certo". E aggiunge: "Bisogna essere consapevoli che oggi non siamo tornati al punto di partenza, cioè ai livelli pre-crisi. Viviamo una fase delicata, dove la globalizzazione stessa sembra essere stata superata con accordi bilaterali e restrizioni varie. Soffermiamoci sull’innovazione, ad esempio, che come spesso accade nei periodi economicamente difficili ha viaggiato a ritmi rapidissimi. Alcuni effetti li vediamo bene adesso. Con la distribuzione tradizionale che si trova di fronte una battaglia persa in partenza nei confronti dell’ecommerce e, nel breve termine, avrà come conseguenza il taglio secco di milioni di posti di lavoro in tutto il mondo".

In un intervento sul 'Sole 24 ore', l'economista Alberto Quadrio Curzio scrive: "Guardando all’economia sul medio-lungo termine, una svolta si è avuta al G20 di Amburgo un mese fa.Troppo pochi hanno rilevato che questa 12esima riunione annuale del G20 dei capi di Stato o di governo tenutasi per la prima volta in Germania contiene una progettazione di medio-lungo termine 'sinotedesca'".

Intervistato da 'Repubblica', Garrick Hileman, del Centre for Alternative Finance dell’Università di Cambridge, specializzato in monete virtuali, spiega: "Una buona definizione potrebbe essere: 'oro virtuale'. Oro che si può inviare ad altri attraverso la Rete ma che è difficile da usare nelle spese di tutti i giorni per la lentezza nelle transazioni, che è stato poi il motivo alla base della scissione del Bitcoin Cash. Insomma, vederle come un’alternativa all’euro o al dollaro è fuorviante".

In tema di politiche per la famiglia, 'Avvenire' intervista Riccardo Prandini, sociologo dell’Università di Bologna, esperto di welfare e politiche familiari e uno dei membri del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio sulla famiglia: "D’ora in avanti bisogna pensare alla politiche familiari come politiche di investimento per il Paese e non come costi. Ogni spesa deve essere vista come un investimento per il futuro, una sfida propositiva della quale poi dovranno essere misurati gli effetti, il ritorno nel tempo, come si fa per gli investimenti economici. Un altro punto decisivo è che devono finire gli interventi una tantum, i bonus, che non danno certezze nel tempo. Bisogna intervenire su un orizzonte temporale che consenta appunto di misurare gli effetti delle nostre scelte. E alla famiglie bisogna dare sicurezza, con investimenti sul medio e lungo periodo".

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