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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

04 gennaio 2018 | 10.46
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

"Forse avremmo dovuto investire altrove. Per trasformare impianti vecchi in gioielli nella produzione di granuli da amido di mais e oli naturali. Avremmo dovuto evitare di metterci 500 milioni, spendere risorse in ricerca per brevettare una tecnologia senza eguali. Avremmo dovuto evitare di assumere personale qui, nel nostro Paese". Catia Bastioli, amministratrice delegata del gruppo Novamont, intervistata dal 'Corriere della Sera', è furibonda.

La polemica del costo scaricato su chi fa la spesa per i sacchetti contenitori di frutta e verdura la trova sconcertata. Novamont realizza il cosiddetto Mater-Bi, la materia prima con la quale i produttori, circa 150 aziende in tutta Italia, creano sacchetti biodegradabili e ultraleggeri. "Che si possa connotare politicamente -conclude- la volontà del governo di recepire una direttiva comunitaria denota a che punto siamo arrivati. Fare carne da macello, per finalità prettamente elettorali, di un brevetto nostro e di una tecnologia patrimonio per il Paese a livello mondiale, offende il lavoro di questi ultimi venti anni".

"Il 2018 sarà l’ultima chance di fermare la Brexit. Toccherà al parlamento britannico bocciarla. Ma anche l’Unione europea avrà un compito cruciale: dire alla Gran Bretagna che la porta resta aperta". Così Tony Blair, intervistato da 'La Repubblica', è convinto che ciò sia possibile e che la battaglia decisiva cominci ora.

"Il 2017 era troppo presto perché il negoziato era agli inizi -conclude- il 2019 sarà troppo tardi".

"Il fatto è che in Italia la partecipazione delle donne al mercato del lavoro non solo è bassa. È anche molto selettiva, coinvolgendo principalmente le donne più istruite. Il confronto con gli uomini non è tra gruppi omogenei, stante che tra questi ultimi non vi è selettività nella partecipazione. A parità di qualifiche, il gender gap italiano è simile alla media. Ad esempio, a cinque anni dalla laurea le giovani donne guadagnano l’83% di quanto guadagnano i loro coetanei con lo stesso titolo di studio. In generale, pure per le donne che non escono dal mercato del lavoro per le difficoltà di conciliare lavoro e famiglia, le carriere sono più lente di quelle degli uomini e le maternità spesso penalizzanti". Così, in un intervento su 'La Repubblica', la sociologa Chiara Saraceno.

"C’è quindi spazio -continua Saraceno- perché anche da noi si passi dalle affermazioni di principio alle azioni, con un’iniziativa del Parlamento prima e degli organismi dello Stato poi. Ci sono le forze e la volontà per imporre la questione nelle agende politiche, senza farsi ricattare dalla priorità del lavoro a ogni condizione?".

"Non ho mai incontrato un politico che, a parole, non si scandalizzasse per il numero eccessivo delle agevolazioni fiscali. La maggior parte, però, non ha alcuna intenzione di aprire questo vaso di Pandora; quei pochi che vorrebbero intervenire non sanno come procedere concretamente, e fanno quello che si fa sempre in questi casi: chiedere una “ricognizione”. I politici tendono a non fare niente per motivi ben noti: l’influenza delle lobby e il timore di perdere voti. Ma nella mia esperienza, ci sono altre due spiegazioni per l’inazione". Così, in un intervento su 'La Repubblica', l'economista Roberto Perotti.

"La prima -continua- è molto prosaica: per decidere bisogna capire, e non tutti i politici hanno la voglia, il tempo, e la preparazione per capire una giungla di agevolazioni come quella italiana. La seconda spiegazione è più sottile: se una agevolazione è piccola allora 'non vale la pena di svegliare il can che dorme per recuperare pochi milioni'; se è grande, allora 'toglierla deve necessariamente avere effetti devastati su un intero settore, non è il momento giusto'".

"È qui che i tecnici -conclude- possono dare una mano — e tra i tecnici metto anche e soprattutto il ministro dell’Economia. Fare l’ennesima ricognizione non serve a niente se non si danno ai politici dei criteri concreti per decidere. Ecco dei criteri che ritengo ragionevoli: mancanza di una ratio economica cogente; esistenza di una ratio economica iniziale, che è venuta meno con il tempo; accumulazione storica di molteplici agevolazioni in un solo settore; effetti distributivi perversi".

"Stiamo già correggendo le cose principali che le imprese ci hanno chiesto, per esempio eliminare l’obbligatorietà del sorteggio e della rotazione nelle gare 'sotto soglia' e rivedere le cause di esclusione. Questo conferma il vantaggio di una regolazione flessibile che si modifica rapidamente e sulla base di consultazioni con le imprese. Siamo aperti al confronto, non nego che i problemi ci sono. A chi rimpiange i regolamenti rigidi, però, ricordo che quello del codice De Lise (2006) impiegò 4 anni per entrare in vigore, mentre concordo con chi propone un testo unificato delle linee guida Anac". Così il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), Raffaele Cantone, risponde fattivamente alle proteste sul codice degli appalti.

"Lo ritengo anzi indispensabile -continua Cantone- per aiutare amministrazione e imprese ad applicare le norme. Saremo pronti per farlo quando avremo completato le linee guida, cosa che penso potrà avvenire prima dell’estate. Ovviamente tutti devono fare la loro parte".

Cantone tiene aperto il ponte con le imprese per correggere ciò che non funziona. Ma risponde anche alle "frustrazioni e alle fibrillazioni elettorali che si reggono su slogan non suffragati da fatti".

"Spesso si dice che in Italia ci vuole un nuovo Rinascimento, epoca nella quale l’Italia diede al mondo arte, cultura e scienza. Bisognerebbe rivisitare di più anche il Risorgimento per apprezzare l’impegno di molte eccezionali personalità politiche, culturali e scientifiche nel costruire istituzioni statali efficienti anche in quanto supportate da pubblici dipendenti convinti e competenti di operare nell’interesse nazionale. Questa lungimiranza progettuale e realizzatrice si ripresentò con la nascita della Repubblica e con il contributo italiano alla costruzione delle istituzioni comunitarie espressione della Eurodemocrazia". Così, in un intervento sul 'Sole 24 ore', l'economista Alberto Quadrio Curzio.

Secondo l'economista "quella che pure oggi viene svalutata in Italia come “Euroburocrazia” alla quale, invece, altri Paesi danno enorme importanza cercando di collocare personalità di spicco in ruoli di alte responsabilità. Quelle alle quali anche italiani arrivano ma, ancora una volta, con fatiche ben maggiori rispetto ai loro meriti in quanto non supportati da una strategia politica di lungo periodo del nostro Paese in Europa. Cionostante l’Italia è migliore di come noi italiani la descriviamo".

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