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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

08 febbraio 2018 | 10.07
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

"La proposta Calenda-Bentivogli, che ha animato un importante dibattito su questo giornale, ha il merito del pragmatismo. Ma è difficile non vedere, come ha scritto Franco Debenedetti (16 gennaio), che "solo una revisione della struttura degli incentivi può attivare i comportamenti individuali che fanno 'ripartire' l’economia". L’Italia non soffre di un eccesso di “privatizzazioni” o di liberismo". Così, in un intervento sul 'Sole 24 ore', gli economisti Angelo Miglietta e Alberto Mingardi.

"Avevamo privatizzato -continuano- le assicurazioni negli anni Novanta: oggi la maggiore compagnia vita è, di nuovo, dello Stato. Avevamo privatizzato, pur in modo rocambolesco, l’Alitalia: ci siamo entrati di nuovo, attraverso Poste Italiane. Stiamo costruendo un behemoth dei trasporti mettendo assieme Anas e Ferrovie. Le azioni e partecipazioni detenute da Cassa depositi e prestiti sono pari a 30 miliardi, a fronte di un patrimonio netto di 20 miliardi: in pratica, investe in partecipazioni parte della raccolta postale. Si capisce che i politici raccontino favole. Peccato ci si mettano anche gli economisti".

"Un grado più elevato di istruzione degli imprenditori può favorire una maggiore domanda di lavoro qualificato, contribuendo così a ridurre il mancato incontro (mismatch) fra offerta di laureati-diplomati e domanda di mercato? Una recente ricerca presentata al Secondo Workshop Igier Bocconi-Fondazione Jp Morgan sembra dare risposta positiva a un simile quesito, con implicazioni non banali circa la portata della nuova politica industriale di Impresa 4.0". E' quanto scrive, in un intervento sul 'Sole 24 ore', l'economista Fabrizio Onida.

"La ricerca -continua Onida- attinge innanzi tutto ai dati dell’indagine periodica di Banca d’Italia su reddito e ricchezza delle famiglie (SHIW Survey of Houseold Income and Wealth) che copre 20mila individui appartenenti a 8mila famiglie in più di 300 Comuni. Questa fonte è incrociata con i dati Inps su circa 3mila imprese del settore privato non finanziario che nel 2006 occupavano più di 900mila lavoratori".

"Non sorprende che, anche solo per un puro fattore demografico, mediamente gli imprenditori italiani -conclude- siano meno istruiti dei propri dipendenti, anche se la distanza tra i due livelli si è accorciata negli ultimi 25 anni".

Un controllo inaccettabile e disumano, una "robotizzazione" fatta in nome dell’efficienza e del risparmio. Far fare a un essere umano quello che dovrebbe fare una macchina, solo perché al momento la seconda costerebbe più del primo e sarebbe meno veloce. Non usa giri di parole, intervistato da 'Avvenire' Fabrizio Gagliardi, un passato al Cern e in Microsoft, attualmente advisor del Barcelona supercomputing center, per definire l’idea – ancora tutta sulla carta ma al centro di violente polemiche la scorsa settimana – del braccialetto elettronico pensato da Amazon per guidare i dipendenti ad una realizzazione ancora più rapida dei pacchi da spedire.

Gagliardi non ha dubbio: "il futuro sarà dei robot che sostituiranno alcune tipologie di lavoratori in toto – due su tutte: i macchinisti e gli infermieri – e il mondo del lavoro subirà una rivoluzione radicale che la politica dovrà governare in qualche modo. Ci sarà meno lavoro – si scardinerà il concetto della giornata di otto ore – ma sarà più qualificato e richiederà un maggiore sforzo in termini di idee e di rischio imprenditoriale".

"In altri tempi esisteva un meccanismo di mobilità sociale fondata sulla mobilità lavorativa. Oggi invece ci si muove in orizzontale: è bloccata la mobilità sociale, sono bloccati i percorsi di carriera". Così, intervistato da 'Libero', il responsabile area Politiche sociali del Censis, Francesco Maietta.

Per Maietta "le donne tendono a svolgere forme di lavoro meno stabilizzate come i part time perché svolgono un ruolo sociale fondamentale sopperendo alle carenze del welfare pubblico in termini di assistenza ai non autosufficienti come i bambini".

"Ecco perché -conclude- nutriamo la speranza che il welfare aziendale sostenga le famiglie con figli, aiutandole a fronteggiare i bisogni dei minori perché c’è un vuoto evidente colmato dalle donne".

"Il ruolo stesso delle agenzie per il lavoro in Italia è destinato a crescere e a essere interpretato in modo diverso e ci auguriamo migliore". Così, intervistato da 'Libero', il presidente di Openjobmetis e Assosomm, Rosario Rasizza.

Affrontare un tema come quello del lavoro, infatti, è la via maestra per riflettere sull’assetto sociale ed economico di un’intera nazione. "Noi speriamo che l’opinione pubblica -conclude- e il mondo delle istituzioni impari a guadarci con occhi nuovi perché troppe sono ancora le persone che ci vedono come attori dal ruolo nebuloso".

"Ora i giochi si spostano sulla definizione dei decreti ministeriali in quanto dovranno definire i parametri dell’equo compenso. Noi riteniamo che sarà un compito molto impegnativo in quanto a nostro avviso appare difficile stabilire minimi differenziati sull’attività intellettuale svolta. Inoltre, da parte nostra ribadiamo che l’equo compenso non può essere visto come i vecchi minimi tariffari ma deve diventare un nuovo strumento più rispondente alle effettive e attuali esigenze dei professionisti". Così, intervistato da 'Italia Oggi', Arvedo Marinelli presidente nazionale dell’Ancot e della Federazione italiana tributaristi.

"Da parte nostra riteniamo, comunque che il varo del collegato rappresenta una tappa importante -conclude- ma la partita sull’equo compenso dovrà essere affrontata nei prossimi mesi e ovviamente troverà la Federazione italiana tributaristi pronta e disponibile a garantire attraverso propri esperti la formulazione delle proposte finalizzate a garantire i diritti dei professionisti".

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