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Estate: con setaccio e padella, è boom di 'febbre dell'oro'

27 luglio 2015 | 15.56
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Un cercatore d'oro
Un cercatore d'oro

E' una febbre che può colpire in qualunque periodo dell'anno, ma non è contagiosa e si combatte dotandosi di setaccio, batea (la padella da immergere nell’acqua), canaletta (o scaletta, un attrezzo di legno scanalato lungo 90 centimetri che si usa per passare il materiale). E di un cappello. Ma non un cappello qualsiasi, bensì l'esatta riproduzione del cappello usato nel XIX secolo negli Usa, in pelo di lepre, idrorepellente e traspirante, e appositamente realizzato dai mastri cappellai artigiani di Sagliano (Bi).

E' la febbre dell’oro, che tra crisi e desiderio di fortuna, voglia di estate e di vacanza alternative, rinnova anche quest'anno la sua attrazione su centinaia di esperti (e non) cercatori del prezioso metallo.

Si calcola infatti che in Italia siano oltre 500 i 'cacciatori di pepite', una passione che dai tempi del Far West, evidentemente non si è mai sopita. La riprova viene da un appuntamento che si rinnova ogni anno nel Biellese, nella Riserva naturale speciale della Bessa, territorio che già tra il II e I secolo a.C. era conosciuto come ricco d'oro (i Romani sfruttavano per le ricerche la popolazione locale, i Vittimuli).

Messe da parte colt e dinamite, anche nel 2015 i concorrenti si sono sfidati, a colpi di setaccio, nel Campionato Italiano cercatori d'oro - disputato nell'arena Victimula di Vermogno - alla ricerca della pagliuzza più grossa, senza rinunciare, tuttavia, alla speranza del miracoloso rinvenimento di una vera e propria pepita.

Tra i concorrenti, circa 50, ha avuto la meglio stato Giancarlo Rolando, che si è aggiudicato il titolo di campione italiano trovando tutte le undici pagliuzze richieste in 2'39''.

E a testimoniare di quanto cercare (e soprattutto trovare) l'oro piaccia veramente a tutti, in gara c'erano anche le categorie: Donne, Veterani e Ragazzi e Coppie, dove si sono affermati rispettivamente Flora Nicoletta, Pierino Angoli, Pietro Farina, e la coppia Bianco-Bogni.

Ma cercando l'oro nel fiume, si possono anche scoprire i tesori (sicuri questa volta) delle valli e delle montagne italiane. A Vermogno di Zubiena è da visitare l’Ecomuseo dell’Oro e della Bessa, che raccoglie e documenta le tecniche manuali impiegate nei secoli per la ricerca aurifera, accompagnando i visitatori nelle escursioni archeologiche e naturalistiche. A Mongrando invece c'è un antica fucina, costruita nel 1689, che apparteneva alla famiglia Bertono, armaioli del reggimento della Guardia Reale. Passò poi alla famiglia Morino Craveja, specializzata in ferri da taglio.

Sulle tracce dell'oro italiano, ci si può poi spostare più a Nord e arrivare al Monte Rosa, nelle cui viscere, dicono gli esperti, esiste un giacimento superiore a quelli attualmente più produttivi presenti in Sudafrica. Un giacimento di 20 Km quadrati che, a causa di problemi ambientali, di sicurezza e di costi, non è attualmente sfruttato.

Attendendo l'apertura, ci si può comunque consolare, con gite fluviali: come in tutti i fiumi di origine alpina, infatti anche nel Po, nella Dora Baltea, nell'Adda, nel Serio, nell'Oglio e nel Ticino è possibile trovare l’oro. Ma la pazienza - avverte chi se ne intende - non deve mancare.

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