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Lavoro: Ilo, stabile al 13% tasso disoccupazione giovani

09 ottobre 2015 | 11.10
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Lavoro: Ilo, stabile al 13% tasso disoccupazione giovani

Il tasso di disoccupazione giovanile si è stabilizzato al 13% dopo un periodo di rapido aumento tra il 2007 e il 2010, ma rimane tuttora di molto superiore al livello pre-crisi dell’11,7%. E quanto rileva il rapporto dell’Ilo, 'Tendenze globali dell’occupazione giovanile 2015'.

Il numero dei giovani disoccupati si attesta a 73,3 milioni nel 2014: ciò rappresenta una diminuzione di 3,3 milioni rispetto al massimo di 76,6 milioni raggiunto nel 2009. Rispetto al 2012, il tasso di disoccupazione giovanile è diminuito di 1,4 punti percentuali nelle economie sviluppate e nell’Unione europea, e di 0,5 punti percentuali o meno in Europa centrale e del Sud-Est (non Ue), nella Comunità degli Stati Indipendenti, in America Latina e nei Caraibi, e in Africa subsahariana.

Nelle rimanenti regioni, Asia dell’Est, Asia del Sud-Est e Pacifico, Medio Oriente e Africa del Nord, si è registrato un aumento del tasso di disoccupazione giovanile tra il 2012 e il 2014; in Asia del Sud il tasso è rimasto invariato.

"E' incoraggiante osservare -dice Sara Elder, principale autrice del rapporto- il miglioramento delle tendenze dell’occupazione giovanile rispetto al rapporto del 2013. Ma non dobbiamo perdere di vista il fatto che la ripresa non è generalizzata e che quasi il 43% della popolazione attiva giovanile nel mondo è tuttora disoccupata o lavora in condizioni di povertà. La situazione rimane sempre difficile per i giovani che entrano oggi nel mercato del lavoro".

"Il rapporto contiene dati -fa notare Gianni Rosas, rappresentante dell’Ilo per l’Italia- sull’andamento dell’occupazione giovanile in Italia. Nonostante lievi miglioramenti, alla fine del 2014 l’Italia era il quarto paese dell’Unione europea con il tasso di disoccupazione giovanile più alto (42,7%). Tale tasso era il doppio di quello del periodo pre-crisi. L’alta quota di disoccupazione di lunga durata, che colpisce circa il 60% dei giovani disoccupati, è un fattore di forte preoccupazione".

Tornando ai dati: "A livello mondiale - dice l'Ilo - la quota dei giovani nella popolazione attiva, siano essi occupati o disoccupati, è in progressiva diminuzione. Una delle ragioni è connessa con la maggiore partecipazione dei giovani, anche se ancora non sufficiente, nel sistema educativo. Nei paesi a basso reddito, tuttavia, milioni di adolescenti abbandonano prematuramente la scuola per iniziare a lavorare".

Secondo il rapporto, "nei paesi a basso reddito il 31% dei giovani non ha nessun titolo di studio, rispetto al 6% nei paesi a reddito medio e al 2% nei paesi a reddito medio-alto". "Nella maggior parte delle regioni del mondo - sottolinea - il tasso di attività delle giovani donne è significativamente inferiore a quello dei giovani uomini. Ciononostante, le giovani donne continuano ad essere le più colpite dalla disoccupazione. Nonostante il numero dei giovani che trova lavoro sia in leggero aumento nelle economie avanzate, la qualità del lavoro è al di sotto delle aspettative. Sono ancora troppo numerosi i giovani che rimangono intrappolati nella disoccupazione di lunga durata. Nell’Unione europea, oltre un terzo dei giovani disoccupati è alla ricerca di un lavoro da oltre un anno".

"Durante il periodo 2010-14 -ricorda Rosas- il lavoro a tempo determinato tra i giovani lavoratori italiani è cresciuto di 9,2 punti percentuali e quello del lavoro a tempo parziale involontario di 13,3 punti percentuali. Il rischio di povertà è cresciuto di 5,5 punti percentuali nello stesso periodo. E' forse la percezione della carenza di opportunità di lavoro e del deterioramento della qualità del lavoro che ha spinto il 99% dei giovani italiani intervistati durante un’inchiesta ad essere pessimisti circa l’andamento del mercato del lavoro e il 55% degli stessi intervistati a dichiarare di essere disponibili a emigrare all’estero nella ricerca di migliori opportunità lavorative".

Allo stesso tempo, prosegue, "le economie dei paesi in via di sviluppo continuano ad essere afflitte da sottoccupazione strutturale, lavoro nell’economia informale e povertà dei giovani lavoratori". "Sebbene il numero dei lavoratori poveri (coloro che lavorano ma guadagnano meno dell’equivalente di 2 dollari al giorno) sia diminuito negli ultimi 20 anni, il fenomeno colpisce tuttora 169 milioni di giovani lavoratori (uno su tre) nelle economie dei paesi in via di sviluppo. Se si includono i lavoratori quasi poveri (coloro che lavorano ma guadagnano meno dell’equivalente di 4 dollari al giorno), il numero sale a 286 milioni", rimarca.

Il rapporto dell'Ilo indica, inoltre, che "i rapidi cambiamenti tecnologici, dei modelli e rapporti di lavoro, come pure le nuove forme di start up e l’inadeguatezza delle qualifiche, richiedono costanti aggiustamenti". "Per garantire l’accesso dei giovani -avverte- a un lavoro dignitoso è necessario investire nell’istruzione e nella formazione di qualità, nell’acquisizione di competenze che siano spendibili nel mercato del lavoro e nell’accesso alla protezione sociale e ai servizi di base, indipendentemente dal tipo di contratto. Ciò richiede di garantire pari opportunità in modo che tutti i giovani possano ottenere lavoro produttivo, indipendentemente dal genere, dal livello di reddito o dal contesto socioeconomico di provenienza".

"Sappiamo che -commenta Azita Berar Awad, direttore del dipartimento delle politiche per l’impiego dell’Ilo- per i giovani di oggi la transizione verso il mercato del lavoro non è facile. Ma sappiamo anche che investire in azioni specifiche a favore dell’occupazione giovanile ha dei ritorni in termini di risultati. E' tempo di espandere la nostra azione a sostegno dell’occupazione giovanile".

"L’Agenda dello sviluppo sostenibile 2030 -ricorda- attribuisce priorità alla promozione dell’occupazione giovanile. L’Obiettivo 8 dell’Agenda fornisce una grande opportunità per creare un partenariato a livello mondiale a sostegno dell’occupazione giovanile su vasta scala. Sono necessari maggiori investimenti sui giovani per curare le ferite prodotte dalla crisi e per garantire mercati del lavoro e società più inclusive".

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