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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

18 novembre 2015 | 10.24
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

Richard Pipes capo del Team B della Cia, durante la Guerra Fredda, è uno dei maggiori studiosi occidentali della Russia. È a Milano per partecipare oggi alla riunione annuale dell' Istituto Bruno Leoni. E spiega al Corriere della Sera: "Il terrorismo islamico è una minaccia seria. Non è stato affrontato in misura sufficiente. Va penetrato con agenti: ma ciò non è stato fatto". "Ha radici ideologiche. L'Islam nasce molto aggressivo. Poi, per secoli, è declinato, oscurato dall'Occidente e dal cristianesimo. Ora rialza la testa, aiutato dal petrolio e dalle ricchezze accumulate in decenni. E lo fa con fanatismo".

"Sì, la guerra è arrivata in Francia, ed è giusto combatterla. Non voglio restare nei riflessi consueti della mia famiglia politica, la sinistra. La guerra non è una cosa da americani, bisogna farla quando è necessario, prendersi la responsabilità della più grande fermezza e anche andare oltre, chiedere conto a Stati come l' Arabia Saudita o il Qatar della ricchezza sospetta dell'Isis. E domandare di più all' Europa, la cui impotenza è scandalosa". Lo dice al Corriere della Sera Julia Kristeva, filosofa e scrittrice.

"Sì, la guerra è arrivata in Francia, ed è giusto combatterla. Non voglio restare nei riflessi consueti della mia famiglia politica, la sinistra. La guerra non è una cosa da americani, bisogna farla quando è necessario, prendersi la responsabilità della più grande fermezza e anche andare oltre, chiedere conto a Stati come l'Arabia Saudita o il Qatar della ricchezza sospetta dell'Isis. E domandare di più all'Europa, la cui impotenza è scandalosa". Lo dice al Corriere della Sera Julia Kristeva, filosofa e scrittrice.

"La arma non è né buona né cattiva, dipende dalla politica". L' ammiraglio Giampaolo Di Paola è stato capo di gabinetto del ministro della Difesa Sergio Mattarella. E poi ha guidato a sua volta quel dicastero durante il governo Monti. "Quello che è successo a Parigi venerdì -dice al Fatto Quotidiano- non è soltanto un atto terroristico, è un atto di terrore di una gravità non comune. E quindi bisogna comprendere le reazioni del presidente Hollande e del governo francese, non si tratta di essere guerrafondai. Fosse successo in Italia o Spagna, anche le reazioni delle nostre leadership sarebbero diverse da quelle attuali".

Michael Walzer filosofo e politologo dell'Institute for advanced studies dell' università di Princeton dice a 'La Repubblica': "Sì, siamo in guerra. È una guerra giusta e necessaria, a condizione di combatterla senza dimenticare i principi etici e di libertà su cui si fondano le nostre società". "Noi li bombardiamo dal cielo, loro ci attaccano per le strade: non possiamo non parlare di guerra. Ma è una guerra molto peculiare: tanto per cominciare non esiste la tradizionale "linea del fronte" e spesso vediamo gruppi disparati che si combattono l'un l'altro. D' altra parte non si tratta di una generica guerra al terrorismo, come quella dichiarata in modo propagandistico da George W. Bush dopo gli attacchi dell' 11 settembre. La guerra contro l'Is è molto concreta, reale, anche se è così strana che - confesso - non ne ho mai vista una simile".

"La Francia invoca il pericolo del terrorismo per non rispettare le regole europee di bilancio. Può darsi che ottenga una deroga; meglio sarebbe andare verso una gestione comune europea dell'ordine pubblico. Già messe a dura prova dall'afflusso dei profughi, quelle regole appaiono sempre più inadatte; ma finché ogni governo cerca di derogarvi per conto proprio, cresce la sfiducia reciproca. Una vigilanza unificata sulle frontiere esterne, una intelligence coordinata contro i gruppi armati, sono pure quanto serve per salvare la libertà di varcare i confini senza passaporto". Lo scrive Stefano Lepri su 'La Stampa'.

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