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Trasporti: Inca-Filt, infortuni e malattie professionali in crescita

08 novembre 2016 | 15.45
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Trasporti: Inca-Filt, infortuni e malattie professionali in crescita

Quasi sconosciuti nei dati ufficiali, ma in realtà sempre più crescenti. Sono gli infortuni e le malattie professionali nel settore dei trasporti, secondo quanto emerge da un'indagine, 'La sicurezza non è una ruota di scorta', condotta dal Patronato Inca Cgil insieme al sindacato di categoria dei trasporti Filt Cgil, su un campione di quasi 600 questionari, raccolti e analizzati dai medici legali del patronato in alcune regioni italiane, tra cui 99 in Veneto, 138 in Toscana, 71 in Sicilia, 49 nelle Marche, 83 in Liguria, 45 in Campania e 37 nel Lazio, e presentata oggi a Roma.

Come riporta l'Inca Cgil citando dati Inail, "se nel trasporto in generale le denunce di malattia professionale sono scarse, in quello del solo trasporto terrestre sono addirittura quasi del tutto sconosciute".

"Nel 2015, le malattie lavoro correlate nel settore trasporto e magazzinaggio in tutti i suoi comparti - sottolinea - sono state 2.488, di cui 586 riconosciute con o senza indennizzo, a 497 lavoratori. Mentre, considerando soltanto quelle dei soli autotrasportatori, il numero si riduce a 1.411, di cui riconosciute, con o senza indennizzo, 263, che hanno investito 234 lavoratori. La differenza tra questi due dati non deve sorprendere -spiega il patronato- perché un lavoratore può aver denunciato più di una singola patologia".

Eppure, gli addetti del trasporto su gomma, spiega il patronato, sono tutt’altro che irrisori. "Pur mancando dati statistici uniformi, la Cgia di Mestre -spiega il Patronato- ha stimato che nel 2013 i lavoratori del settore oscillino tra i 350.000 e i 400.0000 addetti, dispersi in poco meno di 93.000 aziende, di cui il 68,5% è costituito da imprese artigiane".

"A queste realtà presenti sul nostro territorio nazionale vanno aggiunte almeno altre 40.000 attività prive di automezzi che svolgono quasi esclusivamente un’attività di intermediazione, con una media del numero di addetti per impresa del trasporto merci su strada che è di 4,3 (fonte Cgia Mestre - anno 2011). Per l’economia italiana, il settore del trasporto su strada rappresenta una realtà produttiva importantissima, considerando che il 90% circa delle merci italiane viaggia su gomma", osserva.

Il Patronato sottolinea che, "prendendo a riferimento la stima minima degli addetti (350.000), il rapporto in termini percentuali tra denunce di malattie professionali e gli addetti del settore, complessivamente inteso, è dello 0,40%; e se si considerano soltanto quelle accolte dall’Inail, indipendentemente dal fatto che ne sia scaturita un indennizzo o meno, il rapporto è addirittura ancora più basso, pari allo 0,07%".

"Considerando la gravosità del lavoro, associata a ritmi orari estenuanti - avverte - e alla frequenza degli incidenti stradali, che le cronache quotidiane ci raccontano, il quadro delle statistiche sul fenomeno delle patologie lavoro correlate e degli infortuni è quanto meno da considerare poco attendibile".

E secondo Inca e Filt a gettare qualche elemento di verità oggettiva sulle reali condizioni di salute di cui godono gli autotrasportatori interviene l’indagine presentata oggi. Il campione, composto di soli uomini (le donne sono una rarità), per lo più italiani (91%, cui si aggiunge un 5% di rumeni e un 4% di 'altro'), con un’età media di 49 anni e alle spalle una carriera lavorativa di circa 23 anni, è uno spaccato di una realtà molto articolata, composta prevalentemente di lavoratori dipendenti (96,7%) che hanno cambiato datore di lavoro molto spesso, pur restando nello stesso settore.

La mobilità, infatti, è un elemento caratterizzante molto forte: il 40% del campione ha dichiarato di aver cambiato azienda fino a 3 volte; il 42% da 4 a 6 volte, il 14% oltre 6 volte. Solo il 7% si dichiara lavoratore autonomo. L’80% del campione dichiara di aver svolto altre mansioni in precedenza (prevalentemente nel settore edilizio e metalmeccanico).

Il 78% degli autotrasportatori intervistati da Inca e Filt Cgil dichiara di lavorare più di 9 ore al giorno, mentre soltanto il 18% si pone al di sotto di tale limite. Solo le ore di guida superano le 9 ore giornaliere nel 13% dei casi, mentre il 60% dichiara di guidare fino a 9 ore al giorno. Il resto degli intervistati non risponde.

Spalmando i ritmi di lavoro su base settimanale, il 15% dichiara di lavorare fino a 40 ore alla settimana, il 47,5% fino a 60, il 33% oltre. A rendere ancora più gravoso il lavoro è il fatto che il 60% del campione complessivo dichiara che, oltre a guidare l’automezzo, si occupa anche dello scarico e carico delle merci.

"Soltanto il 4% del campione -proseguono Inca e Filt- dichiara di avere una malattia professionale e il 32% di aver subito un infortunio riconosciuto dall’Inail. Ciò nonostante, gli incidenti sul lavoro denunciati all’Istituto nel settore del trasporto terrestre sono stati 15.673, di cui indennizzati 12.995 e 253 senza alcun indennizzo Inail, anche se ugualmente riconosciuti. Nel settore del trasporto in generale, che comprende anche quelli aereo, marittimi, gli infortuni sono stati 36.448, di cui indennizzati 29.959. L’Inail -ricordano patronato e sindacato di categoria- segnala comunque nell’ultimo rapporto oltre 100 infortuni mortali nel 2015".

Secondo Inca e Filt, "nonostante la scarsa incidenza dei casi indennizzati dall’Istituto assicuratore, gli intervistati lamentano patologie lavoro correlate molto diffuse". "I disturbi prevalenti sono: dolore lombosacrale (quasi il 60%), circa il 20% afferma di essere affetto da ernia discale e lombalgie acute (60%). A seguire disturbi a carico del tratto cervicale della colonna (20%), dolori ad arti superiori e inferiori (circa il 35%). Significativi i dati sull’età dei lavoratori che soffrono di dolori lombosacrali: il 22% (fra i 40 e i 50 anni) e il 25% (tra i 50 e i 60 anni)", proseguono.

Quindi, per Inca e Filt, "l'insieme dei dati presentati oggi evidenzia il valore della iniziativa e l’esigenza di un impegno a far emergere le condizioni di salute dei lavoratori e le malattie correlate al lavoro nel trasporto di merci e persone del nostro Paese".

"Tutto ciò per garantire, da un lato, il diritto alla salute attraverso iniziative di prevenzione (mezzi nuovi, orari di lavoro che rispettino le norme) e, allo stesso tempo, anche una tutela adeguata ad ogni singolo lavoratore nei confronti dell’Istituto Assicuratore. Diritti e tutele che, come l’esperienza dimostra, solo il lavoro congiunto tra categoria e Patronato possono assicurare al meglio", concludono.

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