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Istat: né studio né lavoro, Neet Italia al top Ue nel 2015

02 dicembre 2016 | 13.18
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Istat: né studio né lavoro, Neet Italia al top Ue nel 2015

Italia la primo posto dell'Ue per numero di giovani che non studiano, né lavorano, noti con il triste acronimo Neet, Not engaged in Education, Employment or Training. E' quanto emerge da una nota Istat, che da oggi mette online una nuova area tematica interamente dedicata al capitale umano, un set di 80 indicatori, tra i quali quello sui Neet, sull'occupazione in base al titolo di studio, sul rendimento in base all'istruzione tra gli altri.

Tra il 2008 e il 2015 in Italia i giovani che non studiano e non lavorano (Neet) sono passati dal 19,3% al 25,7% dei 15-29enni. A crescere è soprattutto la quota di ragazzi (dal 15,6% al 24,2%) anche se quella femminile, comunque in aumento dal 23,0% al 27,1%, risulta costantemente superiore. Nel 2015 l’Italia ha la più alta quota di Neet d’Europa per entrambi i sessi, seguita da Grecia (22,2% maschi, 26,1% femmine), Croazia (20,8% maschi) e Romania (26,1% femmine).

Negli anni della crisi la perdita di posti di lavoro ha colpito maggiormente diplomati e individui con la licenza media rispetto a laureati e persone con licenza elementare. Nel dettaglio fra 2008 e 2015 il tasso di occupazione è sceso da 45,9 a 38,4% tra coloro in possesso di licenza media (-7,5 punti percentuali), da 62,8% a 56,7% tra i diplomati (-6,1 punti). Il calo del tasso di occupazione è meno consistente, da 11,9% a 8,2%, fra coloro che hanno al massimo la licenza elementare (-3,7 punti percentuali) e per i laureati, da 72,9% a 69,0% (-3,9 punti).

Ma tra gli indicatori sul capitale umano, ovvero l'insieme di conoscenze, abilità, competenze e altri attributi degli individui che facilitano la creazione di benessere personale, sociale ed economico, anche i dati sugli investimenti in istruzione e formazione o sul rendimento dell'istruzione. Dai dati emerge come tra 2008 e 2015 l’incidenza dei laureati sulla popolazione di 30-34 anni aumenti dal 14,9% al 20% tra i maschi e dal 23,5% al 30,8% tra le femmine. Contemporaneamente diminuisce l’abbandono scolastico dei giovani 18-24enni, da 22,7% a 18,0% per i maschi e da 17,0% a 12,0% per le femmine.

Sul fronte della spesa totale media per istruzione (da risorse pubbliche e private) in rapporto al pil è in Italia costantemente inferiore a quella media dei paesi Ocse. Dall’inizio della crisi del 2008 fino al 2012 è fortemente diminuita ovunque; in Italia è passata dal 4,8% al 3,6% del 2012, nella media dei paesi Ocse da 5,9% a 4,8%, per poi iniziare una lieve ripresa nel 2013, anno in cui è risultata al 4,0% per l’Italia e al 5,2% per la media Ocse.

Infine, l'investimento in istruzione produce ancora dei benefici monetari per gli individui che lo affrontano? Secondo l’Ocse, il tasso di rendimento implicito dell’investimento effettuato quando si consegue un titolo di istruzione terziaria rispetto ad uno di secondaria superiore (ovvero il tasso d'interesse in corrispondenza del quale i benefici dell'investimento in un livello di istruzione superiore eguagliano i costi), nel 2012 è stato pari all’8,8% per i ragazzi italiani e all’11,4% in media Ocse. Per le ragazze italiane la situazione è ancora più svantaggiata: 7,6% contro 11,6%. I bassi tassi italiani testimoniano che l’investimento in istruzione in tutto l’arco della vita attiva fornisce rendimenti inferiori nel nostro Paese rispetto agli altri paesi Ocse.

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