cerca CERCA
Venerdì 19 Aprile 2024
Aggiornato: 03:22
10 ultim'ora BREAKING NEWS

Formazione: Randstad, italiani pronti a investire in quella continua

23 ottobre 2017 | 13.23
LETTURA: 5 minuti

Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia
Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia

Gli italiani non smettono mai di studiare e di investire nella propria formazione. La grande maggioranza dei lavoratori dello Stivale ritiene che l’apprendimento continuo sia fondamentale per migliorare la propria competitività sul mercato del lavoro (96%) e per restare aggiornato sull’evoluzione del proprio ambito professionale (81%).

È un clima di generale consapevolezza della necessità di essere sempre aggiornati e competitivi per avere successo nel mondo del lavoro quello che emerge in Italia dall’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale sul mondo del lavoro di Randstad, secondo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane, condotta in 33 Paesi del mondo su un campione di 400 lavoratori di età compresa fra 18 e 65 anni per ogni nazione.

Una convinzione che i lavoratori mettono in pratica molto spesso, dal momento che il 71% di loro ha svolto una o più attività di formazione nell’ultimo anno. Se nel 66% dei casi l’apprendimento continuo viene finanziato dai datori di lavoro, ben il 94% dei dipendenti pensa che l’aggiornamento delle competenze sia una propria responsabilità. Più di due lavoratori su tre, infatti, sono disposti a investire in percorsi di aggiornamento professionale e quasi un italiano su due afferma di sentire il bisogno di un personal coach che metta a disposizione la sua specializzazione con consigli utili allo sviluppo della carriera.

"Gli italiani sono ormai diventati consapevoli che, in un mondo del lavoro sempre più flessibile e mutevole, ciò che fa la differenza per la propria professionalità sono le competenze e l’aggiornamento continuo", dichiara Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia.

"Malgrado i lavoratori del nostro paese -continua- siano mediamente più allineati con i progressi del proprio settore (92%, quattro punti sopra la media globale) e più convinti di trovarsi già nelle condizioni di esprimere tutto il loro potenziale (84%, 11 punti in più della media globale), la maggioranza di loro avverte la presenza di un gap da colmare. Ben il 99% dei dipendenti, infatti, sente il bisogno di seguire più corsi di formazione per restare aggiornato e migliorare le proprie competenze professionali (76%) e personali (45%)".

"È un bene -aggiunge- che i lavoratori si aggiornino autonomamente, ma le imprese devono supportarli investendo molto di più in programmi di apprendimento continuo per i propri dipendenti, perché un lavoratore formato e in grado si esprimere tutto il suo potenziale è più motivato e produttivo e l’investimento si ripaga anche sotto forma di una maggiore capacità di attrarre e trattenere i migliori talenti sul mercato”.

Nel dettaglio, secondo i risultati della ricerca, il 96% degli italiani punta sull’apprendimento continuo per aumentare le proprie possibilità di trovare o mantenere un posto di lavoro, contro il 90% della media globale, e il 94% sente che mantenere aggiornate le proprie capacità e competenze sia una propria responsabilità, tre punti in più della media globale. Una sensazione che spesso è avvertita più intensamente dai lavoratori giovani e di genere femminile (il 42% dei dipendenti fra 18 e 44 anni e il 43% delle donne), che dalle risorse con maggiore anzianità lavorativa e di genere maschile (il 38% degli over 45 e il 37% degli uomini).

Nell’ultimo anno, il 71% dei lavoratori italiani ha svolto una o più attività formative. Un risultato in linea con la media globale (pari anch’essa al 71%), ma che presenta alcune differenze se si analizza il dettaglio delle singole attività di aggiornamento a cui partecipano i dipendenti.

Gli italiani si dedicano principalmente a programmi di studio e formazione (37%), corsi online (29%) e workshop, seminari, conferenze (24%), mentre una percentuale più bassa partecipa a sessioni personali di formazione (19%) o si rivolge a un consulente specialista (7%).

A livello globale, emerge la stessa preferenza per programmi di studio e formazione (37%), ma riscuotono maggior successo seminari, workshop e conferenze (36%), mentre sono meno gettonati i corsi online (24%) le sessioni personali di formazione (11%) e la consulenza di uno specialista (8%, comunque superiore di un punto al risultato italiano). Il 66% di queste attività sono finanziate dai datori di lavoro (dato in linea con la media globale), ma ben il 70% dei dipendenti (contro il 67% della media globale) è disposto a pagare per seguire percorsi di aggiornamento professionale; una propensione molto più diffusa nella fascia di età 18-44 (75%) che negli over 45 (62%).

Se solo il 7% degli italiani si è effettivamente rivolto a un personal coach nell’ultimo anno, ben il 48% avverte l’esigenza di un consulente specializzato che aiuti a indirizzare nel verso giusto la propria carriera (contro il 52% della media globale).

Le generazioni più giovani sono quelle maggiormente attratte dalla possibilità di avere a disposizione un tutor personale: quasi due su tre nella fascia di età 18-24 anni, il 56% dei 25-34enni e il 54% dei 35-44enni. Superando i 45 anni, invece, l’interesse cala drasticamente sotto il 50%: sente questa necessità il 43% dei 45-54enni e soltanto il 28% degli adulti fra i 55 e i 67 anni.

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL



threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram
ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza