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Lavoro: 50&Più, aumentano occupati 'maturi' ma diminuiscono i giovani

17 novembre 2017 | 15.13
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Lavoro: 50&Più, aumentano occupati 'maturi' ma diminuiscono i giovani

"Nel periodo 2008-2017 aumentano gli occupati appartenenti alle generazioni mature, mentre diminuisce in parallelo l’occupazione di quelle più giovani". E' quanto si legge nel rapporto, condotto su un campione di 1.700 individui, 'La responsabilità di diventare un anziano attivo', realizzato da Ermeneia-Studi & Strategie di Sistema, per conto di 50&Più e presentato oggi in occasione di GoldAge, evento italiano dedicato al mondo degli over 50 in corso al Lido di Venezia.

Dallo studio emerge come i 50enni sino ad oltre 70 anni di età che risultano occupati crescono nel periodo 2008-2017 del 45,4%: l’effetto della legge Fornero ha contribuito a mantenere in servizio più a lungo le persone e in particolare i 60-69enni, il cui numero di occupati passa nel periodo indicato da 930.000 a 1.850.000 unità. L’indagine Ermeneia evidenzia come gli ultrasessantenni che risultavano essere in pensione e contemporaneamente impegnati a lavorare a vario titolo sono passati dal 10,5% del 2008 a ben il 14,1% del 2017.

Il reddito (attuale e soprattutto futuro) inizia ad essere ritenuto una variabile critica tenuto conto dell’aumento della speranza di vita, della necessità di far bastare la pensione per più anni e del rischio di possibili fragilità a cui far fronte sul piano della salute. Se poi si guarda al reddito complessivo percepito, il 49.9% degli intervistati dichiara di disporre di un ammontare che risulta 'più che adeguato e-o comunque corrispondente alle proprie necessità'. A pensarla così è il 56,6% degli uomini intervistati, mentre la percentuale è minore tra le donne (44,4%).

Se si considerano gli ultrasettantenni tale percentuale sale al 55,9%. Allo stesso tempo il 40,9% del campione degli intervistati nel corso del 2017 ritiene che tale ammontare risulti 'un po' e-o molto al di sotto delle necessità'. Ad avere una maggiore percezione negativa in questo caso sono le donne (42,7% delle intervistate) e il 38,8% tra gli uomini. La percentuale sale se si considerano i 50enni (47,6%) mentre è più contenuta per i 70enni e oltre (35,1%).

La possibilità di percepire un reddito 'probabilmente e-o certamente non sufficiente' rispetto alla futura situazione di pensionato preoccupa una quota maggiore di intervistati rispetto al reddito odierno rilevato: il dato registrato è del 44,6% (suddiviso per genere tra il 50,7% delle donne e il 47,3% degli uomini, mentre per fasce d’età tra il 52,3% per i 50-59enni rispetto ai 44,1% dei 60-69enni e al 38,0% dei 70enni e oltre).

La propensione verso la vita attiva dopo la pensione interessa una parte significativa degli intervistati; il 34,5% dell’intero campione ritiene 'certamente e-o probabilmente utile e-o necessario' svolgere un’attività di lavoro dopo l’entrata in quiescenza. Nello specifico lo è per il 38,3% dei 50-59enni e 35,8% per i 60-69enni. La percentuale si mantiene elevata anche per i 70enni e oltre (29,9%). La motivazione più importante per tale scelta è 'perché mi piace continuare ad essere attivo tramite il lavoro'.

Se si pone poi la domanda rispetto all’età sino a cui si è orientati a lavorare per il 27,5% si arriva oltre i 70 anni. La percentuale ovviamente sale per i 70enni e oltre (40,5%) e soprattutto ben il 43,5% del campione complessivo è orientato a prolungare il proprio impegno lavorativo 'fino a quando sarà in grado di farlo' (percentuale che sale al 45,8% per chi ha già superato la soglia dei 70 anni). L’86,1% dell’intero campione considera di trovarsi 'in buone e-o discrete condizioni e-o al massimo con qualche problema con cui convive' percentuale che è ovviamente consistente per i 50-59enni e per i 60-69enni (90,2% e 87,4%) e che resta comunque elevata anche per i 70enni e oltre (81,6%).

In ultimo, come emerge dal Rapporto, esiste un buon livello di consapevolezza dichiarata circa l’opportunità-necessità di essere attivi anche dopo il pensionamento e dopo i 70 anni di età; infatti il 73% degli intervistati (ma il 75,7% dei 70enni e oltre) riconosce come sia necessario 'accettare l’età anziana (anche oltre i 70 anni) come un periodo di nuova responsabilità, per non invecchiare prima e per utilizzare ancora le proprie capacità ed esperienze. Pensare all’età anziana anche oltre i 70 anni come ad un periodo di nuove occasioni di lavoro, di studio e di vita di relazione è considerato come tale dal 56,2% degli intervistati.

Per il 61,1% si vive più a lungo di un tempo, ma le pensioni pubbliche potranno essere di un importo più contenuto sia perché calcolate col metodo contributivo sia perché potranno esistere precedenti periodi di non lavoro in cui non sono stati versati i relativi contributi. Un livello di consapevolezza che riguarda in maniera analoga tutti e tre i sottocampioni. La conseguenza è che è necessario riqualificare la propria professionalità al fine di inserirsi in altre attività nel caso si debba o si voglia cambiare lavoro prima di andare in pensione oppure per intraprendere una nuova attività dopo l’entrata in quiescenza: il 71% circa di tutti gli intervistati. Per il 76,7% dell’intero campione è anche necessario prepararsi al meglio per poter utilizzare bene Internet, visto che sempre più informazioni e servizi si avvarranno di questo strumento (e comunque questo vale anche per il 75% dei 70enni e oltre).

Il 70% degli intervistati è consapevole di come sia necessario pensare per tempo a come restare attivi dopo l’entrata in pensione, per poter svolgere altri lavori o altre attività, qualora si sia interessati in tal senso. E ben i 2/3 degli intervistati aggiungono che bisogna pensare per tempo alla costituzione di una pensione integrativa per poter aumentare il reddito a disposizione in età avanzata e per garantirsi una copertura assicurativa nel caso si dovesse affrontare una situazione di non autosufficienza.

Emerge quindi un’elevata consapevolezza, da parte di tutti gli over 50, rispetto a una vita di piena maturità che può (deve) essere più attiva a lungo, a partire dal lavoro, ma non solo. Si generano, quindi, comportamenti che vanno in questa direzione e che richiedono di essere accompagnati dalle istituzioni e dal mercato. Si è entrati in una fase in cui l’età giovanile si è prolungata eccessivamente, la vita attiva adulta tende a frantumarsi e ricomporsi più volte e spesso con difficoltà, mentre l’età anziana si estende ben al di là di quanto potevamo pensare.

Quanto ai possibili provvedimenti che potrebbero aiutare a restare attivi nell’età più matura il consenso degli intervistati si orienta nel modo che segue (nell’anno 2017) rispetto alle singole opportunità sottoposte a valutazione. - Predisposizione di un sistema di informazione permanente che sia in grado di fornire le conoscenze necessarie agli anziani per poter scegliere al meglio ciò che si desidera fare (66,1% che sale al 77,1% per i 50-59enni) e la promozione di opportunità formative e di riqualificazione per coloro che intendono aggiornarsi sul piano professionale e personale (66,6% che sale però al 68,2% per i 70enni e oltre).

- Aiuto attivo rispetto all’intrapresa di un lavoro anche dopo l’entrata in pensione, ma dedicandosi a un’attività lavorativa diversa da quella svolta precedentemente poiché tale scelta fa bene spesso all’interessato (48,3% che però sale al 61,1% per i 50-59enni) così come la promozione di un’apposita legge per la neo-imprenditorialità anziana sul modello di quella promossa per le start-up dei giovani (51,9% che rimane tale anche per i 70enni e oltre).

- Introduzione di qualche alleggerimento di tipo fiscale che può assumere la forma di un’esenzione totale per i redditi da lavoro minimo, ad esempio fino a 5.000 euro l’anno (con un accordo attorno al 70% per tutti e tre i gruppi intervistati), ma tale alleggerimento può assumere anche la forma di una detassazione totale o almeno parziale del lavoro degli anziani già in pensione, allo scopo di incentivare l’attività lavorativa e magari anche di diminuire un po' il lavoro sommerso (66% in media che sale al 64,4% per gli ultrasettantenni e al 67,9% per i 50-59enni).

Inoltre, circa il 70% di tutti gli intervistati vede con favore la promozione di una legge quadro che affronti l’insieme dei temi ricordati così da rispondere in maniera unitaria ai bisogni e agli orientamenti degli anziani interessati a svolgere una vita attiva anche dopo l’entrata in pensione.

"Bisogna ancora una volta -sostiene Gabriele Sampaolo, segretario generale 50&Più- riconciliare la realtà con la sua rappresentazione. Da più di 20 anni 50&Più insiste sul fatto che gli anziani non sono tutti fragili e bisognosi di assistenza, ma che anzi, il 90% è vitale e attivo. Questo concetto inizia oggi ad essere recepito. E' necessario però che il dibattito si sposti verso una nuova frontiera: non più solo il tema (centrale e sacrosanto) dei tempi e del valore delle pensioni, ma anche, su come realizzare condizioni mirate al sostengano dell’invecchiamento attivo".

"Il 70% degli ultra sessantenni -chiarisce- intende restare ancora in gioco dopo la pensione, con le proprie competenze e i propri interessi, per mantenersi in relazione con gli altri, per sentirsi utile e, se necessario, per poter lavorare e guadagnare ancora; ad esempio a part-time in occupazioni socialmente utili o per avviare nuove start-up, ma comunque con un trattamento fiscale agevolato. E' tempo di affrontare queste questioni con una legge quadro sul l’invecchiamento che affronti l'insieme delle istanze emerse dall'indagine".

"Con il progressivo innalzamento -sostiene- dell’aspettativa di vita la pensione non può essere l’ultimo approdo, ma il momento in cui si apre un nuovo ciclo di vita; per studiare e aggiornarsi, per mettere ancora a frutto le proprie idee, la propria creatività".

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