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L'economista: "Kim è il nemico necessario"

29 gennaio 2018 | 14.43
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Loretta Napoleoni
Loretta Napoleoni

E' un Paese piccolo, di cui si sa, tutto sommato, molto poco, tanto da essere definito un "Regno eremita". E che fa paura soprattutto per le minacce nucleari. E' la Corea del Nord, governata da un giovane dittatore, Kim Jong-un, la cui immagine in Occidente oscilla tra il ridicolo e il sanguinario. Ma se la rappresentazione mediatica è quasi da farsa, la realtà è molto più complessa e per capire la Corea del Nord, la sua cultura, la sua economia e anche la sua dinastia di dittatori-guerrieri, bisogna scavare più in profondità.

E' quello che ha fatto Loretta Napoleoni, economista e scrittrice di successo (si è molto dedicata anche allo studio dei fenomeni terroristici internazionali), nel suo ultimo libro 'Kim Jong-un il nemico necessario -Corea del Nord 2018' (Rizzoli editore, 264 pagine, 19,50 euro).

"Kim è 'il nemico necessario' -spiega Napoleoni a Labitalia- perché rappresenta tutto ciò che noi non siamo. Dal 1989 (data della caduta del muro di Berlino, ndr) c'è stata in molta parte del mondo una frenesia di democrazia e di libero mercato che, peraltro, non ha prodotto i risultati attesi: basta vedere l'Iraq che ora è un Paese democratico, ma non pacifico. Kim per noi è il dittatore comunista di un regime simile alla vecchia Unione Sovietica. In realtà, non è così. La Corea del Nord non è un paese comunista, è un Paese nazionalista: i coreani hanno una forte identità e credono di appartenere alla razza più pura. E' comunque una situazione confortevole, per noi, immaginare che la Corea del Nord sia l'alternativa peggiore al nostro mondo".

Il giovane Kim "è un millennial: ha una visione della politica -spiega Napoleoni- completamente diversa dal padre e dal nonno, il famoso Kim Il Sung". "E' molto pragmatico, è cresciuto in un mondo globalizzato -ricorda- e capisce bene quali sono i meccanismi della globalizzazione. Ha preso il potere senza essere vissuto nella Corea del Nord (è stato educato in Svizzera) e improvvisamente è stato catapultato, per motivi di salute del padre, all'interno del regime. Ed è stato in grado di consolidare la propria posizione con delle mosse che sono da una parte 'tradizionali', come le purghe con cui si è sbarazzato delle vecchie elites, ma dall'altra sono riforme moderne come la tolleranza nei confronti dei mercati informali e la proiezione dell'immagine di un leader moderno, con una moglie attiva al suo fianco, che stringe la mano ai cittadini e va negli asili. Insomma, un misto di passato e presente, che lo rende particolarmente efficiente".

Questo mix di cultura antica e contemporanea è anche alla base della Juche, la filosofia semi-religiosa che costituisce l'ossatura dello Stato coreano e della sua economia.

"E' l'essenza -dice Napoleoni- della Corea del Nord. Se ne sa pochissimo: il fondatore fu il nonno di Kim, che nel 1953 alla fine della Guerra di Corea, resesi conto che la Corea del Nord poteva essere fagocitata sia dalla Russia sia dalla Cina e decise di lanciare una sua filosofia alternativa al comunismo e questa fu la Juche. Kim Il Sung ha preso dalla tradizione coreana dinastica gran parte degli insegnamenti del confucianesimo e li ha applicati al nuovo Stato. Ecco perché in Corea del Nord la successione è dinastica, non politica: la dinastia dei Kim è superiore nel sistema di caste inserito all'interno del nuovo Stato".

La Juche, sottolinea Napoleoni, "rende la Corea un paese unico, diverso da qualsiasi altra nazione: non possiamo dire che è comunista o che è fascista o strettamente totalitario. E' un paese unico con un fortissimo elemento dinastico".

L'obiettivo principale di Kim è stato lo stesso del nonno e del padre: raggiungere la potenza nucleare vista come "vero deterrente nei confronti del mondo, per evitare che si ripeta un'altra guerra di Corea, che è stata particolarmente atroce e ha avuto un impatto profondo sulla popolazione". L'arma nucleare è diventata "lo strumento per proteggere la nazione: obiettivo raggiunto nel 2017 coi vari lanci a lungo raggio di missili balistici, anche se non sappiamo se veramente Kim è riuscito a miniaturizzare una bomba atomica per poter colpire New York, ma è vicino a questo obiettivo", dice Napoleoni.

Oramai, il mondo intero non può più gestire la Corea del Nord come la gestiva in precedenza. "E' una realtà che esiste -spiega la scrittrice- e questo ha rilassato la leadership e ha prodotto anche quel grosso cambiamento che rappresenta l'evento delle Olimpiadi".

"Se qualcuno avesse detto a luglio 2017 -ribadisce Napoleoni- che la Corea del Nord avrebbe partecipato alle Olimpiadi insieme a quella del Sud, avremmo detto 'Impossibile'. Invece, c'è stato un cambiamento di strategia positivo: quella minaccia che noi pensavamo rappresentasse la Corea del Nord non esiste più, perché Kim ha raggiunto il suo obiettivo. E poi Kim ha capito che la popolazione deve migliorare il livello di benessere economico".

In questo scenario, "i rapporti con gli Usa di Trump -osserva l'economista- sono fondamentali: la presidenza americana, come si sa, è imprevedibile".

"E' possibile che Trump decida di cambiare la propria politica e che ci sia un'apertura verso una pacificazione. Per esempio, tra Corea del Nord e Corea del Sud non è mai stato firmato un trattato di pace. E questo potrebbe essere un primo passo. Però, tutto dipende da quello che farà Trump e se sceglierà di dare la precedenza alla presenza americana nel Pacifico o a una vittoria diplomatica che sarebbe veramente unica e storica", conclude Napoleoni.

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