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Imprese: Salvadeo (El.En), troppi ostacoli per ingresso italiane in Cina

07 agosto 2017 | 14.38
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Paolo Salvadeo
Paolo Salvadeo

"Sostenere le aziende italiane nei processi di internazionalizzazione, l’unica operazione per permettere al Paese di competere e vincere su scala globale". A lanciare l'appello è Paolo Salvadeo, ingegnere e dg del Gruppo El.En., eccellenza italiana nel settore applicazioni medicali e industriali. Il Gruppo El.En. è capogruppo di un nucleo di 28 imprese operanti nel settore opto-elettronico e, nello specifico, nella produzione di sistemi laser. L’azienda, con sede a Calenzano, in Toscana, è quotata al segmento Star (Mid Cap) della Borsa Italiana, vanta un fatturato consolidato 2016 di oltre 250 milioni di euro e sta crescendo su tutti i mercati internazionali.

"I 13 accordi recentemente firmati a Pechino fra Italia e Cina sono un buon inizio -dice Salvadeo- ma c’è ancora molto da fare soprattutto dal punto di vista burocratico per sostenere il business delle aziende italiane in Cina. Il mercato europeo risulta in ripresa. Il mercato asiatico, Cina e Giappone in primis, ci stanno dando le maggiori soddisfazioni ma, quello cinese è un discorso a parte".

"Escludendo il volume di fatturato -ricorda il direttore generale di Ei.En.- e le nostre importanti attività svolte direttamente in Cina, a Wenzhou e Wuhan, dove le nostre fabbriche producono solo per il mercato interno sistemi laser per il taglio metallo, il business medicale, che prevede l'esportazione nel paese dai nostri stabilimenti italiani ed europei, potrebbe darci ancora più soddisfazioni, se non fosse per le barriere artificiali all'ingresso, che segnano un protezionismo mai visto negli ultimi vent'anni”.

Troppi ostacoli, dunque, all'entrata nel mercato cinese anche se le opportunità che esso offre sono "indiscutibili", continua Salvadeo. “Nel nostro caso la China Food and Drug Administration (Cfda) -ricorda l'ingegnere- oggi richiede costosissimi studi clinici in loco per poter rilasciare la licenza alla vendita di un prodotto sul mercato cinese".

"Questo con ripercussioni importanti sulle tempistiche di ingresso: possono essere infatti necessari anche 2-3 anni per l’ottenimento delle necessarie certificazioni, oltre che sui costi di sviluppo e sul prezzo finale dei prodotti”, aggiunge.

Italia e Cina hanno rinnovato la strategia congiunta di cooperazione nei campi della scienza, della tecnologia e dell’innovazione. In quest’ottica, spiega il manager italiano, occorre essere più incisivi per internazionalizzare il business delle imprese italiane su un mercato in cui si può crescere a dismisura.

“Il solo made in Italy -prosegue Salvadeo- e tutti i suoi vantaggi alle spalle non bastano a garantire il successo di un’impresa italiana che vuole andare a diversificare la propria offerta in uno scenario economico, politico, finanziario e socio-culturale differente dal modello europeo. In Cina le opportunità sono enormi, ma non risulta semplice penetrare il mercato".

Per farlo, rimarca il manager di El.En., "occorre che un’azienda riesca a plasmare nel minor tempo possibile la sua struttura organizzativa al nuovo contesto, e in questo il primo supporto deve arrivare dalle istituzioni: le imprese mettono capitali e innovazioni, ma lo Stato deve aiutarle ad entrare in uno dei mercati più importanti al mondo, in tempi più rapidi".

Per i cinesi, comunque, l'Italia rappresenta una grande opportunità. “Nel settore medicale -conclude Salvadeo- non volendo parlare dei numerosi falsi, con false certificazioni, al paese del dragone basta una semplice certificazione CE, secondo la direttiva 93/42/CEE, per poter vendere nel nostro Paese e in tutta la comunità europea. Certificazione che si ottiene in massimo un paio di mesi. Il principio di reciprocità sembra proprio non valere. Il nostro governo deve fare di più”.

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