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Lavoro: G. Roma, per autonomi introdurre garanzie per ridurre disagio

30 giugno 2016 | 17.43
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Giuseppe Roma
Giuseppe Roma

"La discussione sul disegno di legge per la tutela del lavoro autonomo e la regolazione del 'lavoro agile' porta con sé l’opportunità di una riconsiderazione del complesso arcipelago degli indipendenti. E’ bene introdurre garanzie per una componente così significativa degli occupati, in parallelo alle tutele del lavoro dipendente, con cui pure, in passato, si è consumata una divisione che ha rasentato il conflitto". Così il sociologo Giuseppe Roma, Senior Advisor Censis, è intervenuto al Festival del lavoro in corso a Roma.

"Oggi le spontanee dinamiche del mercato hanno portato non pochi disagi a chi rischia in proprio, aggravati da una pressione di sempre maggiori incombenze esterne al processo produttivo (burocrazia, fisco, costi da inefficienze pubbliche). Un aiuto può venire da norme che sanciscano principi basilari in tema di diritti, di welfare, di formazione, di rapporti con la committenza", ha detto Roma.

"Dal 2001 (l’anno della globalizzazione) al 2008 gli autonomi sono diminuiti in Italia di 1,427 milioni, dal 2008 al 2016 di ulteriori 522mila. Nel primo periodo i dipendenti sono cresciuti di 3.318mila, per poi diminuire fino al 2014 e tornare a crescere successivamente. In realtà nell’ultimo anno (1°trimestre 2015 -2016) anche gli autonomi la cui attività comprende l’utilizzo di dipendenti (27% del totale) sono cresciuti di 27mila unità, mentre quelli senza dipendenti e i collaboratori sono calati di 128mila", ha spiegato.

"C'è quindi una significativa ristrutturazione interna a un comparto di per sé molto disomogeneo. Da una parte, c’è l’universo dei commercianti e degli artigiani, poi i professionisti ordinisti e le nuove professioni, infine, si sta affermando la vivace nebulosa dei digital, degli start-upper, degli innovativi, dell’industria creativa individuale", ha osservato Roma. Solo "chi risponde alla sfida, resiste e cresce", ammette Roma. "Chi interpreta la fase attuale -spiega- coglie le opportunità. Per questo vecchi e nuovi professionisti sembrano allargare la loro presenza e in Europa vengono stimati in 50 milioni pari al 22% degli occupati. Magari non tutti sono pienamente autonomi, e d’altronde a molti dipendenti viene richiesto un coinvolgimento e un’autonoma responsabilizzazione".

"Quindi, gli strumenti e le politiche attive, dopo il primo passo, dovranno conformarsi in modo flessibile a un tale disomogeneo universo", sintetizza il sociologo. Purtroppo, però, osserva Giuseppe Roma, "nessuna garanzia si può sostituire a un mercato dinamico; un giovane autonomo entra in crisi se cala la domanda (56% dei professionisti nell’indagine Adepp) e non può continuare a fare il suo lavoro: è la bassa intensità di domanda a creare precarietà".

"La ricerca di una stabilizzazione alle dipendenze per molti giovani autonomi è dovuta a un mercato asfittico che non consente la sopravvivenza a chi lavora in proprio. Se poi aggiungiamo il disincentivo dei defatiganti adempimenti burocratici (61% come causa di disagio), le difficoltà di ottenere i pagamenti in tempi accettabili (50,5%) e la concorrenza di chi lavora in nero (25%), si capisce come il lavoro autonomo abbia veramente necessità di un’attenzione e una cura effettiva da parte delle pubbliche istituzioni", sostiene Roma. "Anche e soprattutto per affiancare in un processo di crescita attraverso la formazione, visto che fra gli autonomi laureati e diplomati raggiungono in Italia il 68%,in Germania il 93,1%, in Francia l’86,6% e nella media europea il 78%. Una distanza che influenzerà sempre più la competitività futura", conclude il sociologo.

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