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Biagi: 15 anni fa la morte del riformista che pagò le idee con la vita

15 marzo 2017 | 11.41
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I commenti di Michele Tiraboschi, Paolo Reboani, Giuliano Cazzola e il 'Libro Bianco per un welfare della persona'

Biagi: 15 anni fa la morte del riformista che pagò le idee con la vita

Erano passate da poco le 20,30 quando, a Bologna, il 19 marzo del 2002, una manciata di proiettili mise fine alla vita e alla straordinaria avventura intellettuale di Marco Biagi, il professore di diritto del lavoro che sognava (e lavorava per realizzarla) un'Italia più moderna, più europea e più internazionale. Voleva, Biagi, un mercato del lavoro più inclusivo, voleva dare più spazio ai giovani e alle donne, ai gruppi che ne rimangono esclusi. "Un mercato del lavoro con al centro le esigenze dell'impresa e il valore della persona", come ha spiegato più di una volta uno dei suoi allievi prediletti, Michele Tiraboschi.

Marco Biagi si era laureato in Giurisprudenza a Bologna all’età di 22 anni. Era diventato professore alle Università della Calabria, Ferrara e Modena, dove ha lavorato dal 1987 al 2002. Dal 1988 e fino al 2000, è stato anche direttore scientifico dell’Istituto di ricerca e formazione della Lega delle Cooperative.

A partire dagli anni Novanta, Biagi, che è stato docente di diritto del lavoro in diverse università italiane, iniziò a collaborare con le istituzioni politiche, prima la Commissione europea, poi il governo. Fu consulente di diversi esecutivi, a prescindere dal colore politico: collaborò con i ministri del Lavoro Tiziano Treu, Antonio Bassolino e Roberto Maroni. Nel 2001, mentre con il governo Berlusconi era impegnato a elaborare una bozza di riforma del mercato del lavoro ('Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità'), Biagi fu chiamato da Romano Prodi a occuparsi del futuro delle relazioni industriali, in un gruppo di studio istituito dalla Commissione europea.

Per la sua grande esperienza maturata sul campo del diritto del lavoro comparato, Biagi era molto conosciuto anche in Cina e in Giappone. La sua idea fissa era il 'benchmarking', una metodologia di studio basata sulla comparazione anche internazionale, nata in un contesto strettamente industriale, come metodo per migliorare la competitività delle imprese. Biagi, in maniera pionieristica, applicò l'esercizio del 'benchmarking', a 360 gradi, cominciando ad estenderlo anche alle politiche del lavoro in Europa e in Italia.

Nel 1991 Biagi fondò presso il Dipartimento di Economia aziendale dell'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, il Centro studi internazionali e comparati, inaugurando un modello innovativo di ricerca nel campo del lavoro e delle relazioni industriali. E' presso il Centro che nel 2000 comincia a stabilizzarsi il suo gruppo di giovani ricercatori e collaboratori, tra cui emerge Michele Tiraboschi.

Da quell'esperienza e da quell'intuizione di Biagi, di un modo nuovo di "fare università", nascerà nel 2000 anche Adapt, un'associazione senza fini di lucro, oggi un sofisticato network fatto di dottori di ricerca (gli Alumni di Adapt), scuole di dottorato, diverse sedi e migliaia di persone iscritte ai bollettini che vengono pubblicati in italiano, inglese e spagnolo.

Le idee riformiste costarono la vita a Biagi, che fu giustiziato da un commando delle Nuove Brigate Rosse, mentre rientrava a casa in bicicletta.

Nella rivendicazione diffusa dopo l'omicidio, il professore veniva indicato come "ideatore e promotore delle linee e delle formulazioni legislative di un progetto di rimodellazione della regolazione dello sfruttamento del lavoro salariato, e di ridefinizione tanto delle relazioni neocorporative tra esecutivo, Confindustria e sindacato confederale, quanto della funzione della negoziazione neocorporativa in rapporto al nuovo modello di democrazia rappresentativa".

Per l'omicidio di Biagi, ucciso con la stessa arma utilizzata per il delitto di Massimo D'Antona, sono stati condannati all'ergastolo i brigatisti Diana Blefari Melazzi (suicidatasi in carcere nel 2009), Roberto Morandi, Nadia Desdemona Lioce e Marco Mezzasalma, mentre Simone Boccaccini è stato condannato a 21 anni di reclusione.

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