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Voucher: l'esperto, con uso distorto c'era rischio lavoro nero liberalizzato

03 luglio 2017 | 12.38
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Voucher: l'esperto, con uso distorto c'era rischio lavoro nero liberalizzato

“L’utilizzo distorto dei voucher poteva essere un veicolo per 'liberalizzare il lavoro nero'. Inizialmente, infatti, si potevano utilizzare i voucher solo per evitare le sanzioni in caso di ispezione per lavoro nero, ma poi il pagamento avveniva solo in parte con questo metodo e per il resto mediante importi non dichiarati. Dall’altra parte, per lo stesso beneficiario era, a certi redditi, più conveniente essere pagato in voucher perché reddito non tassabile". Lo afferma a Labitalia Simone Colombo, consulente del lavoro ed esperto di direzione del personale in outsourcing.

“L’utilizzo dei voucher nella pubblica amministrazione - avverte - toglie il problema dei limiti assuntivi previsti legalmente e anche la necessità di prevedere concorsi o altre forme di selezione. E’ vero che la normativa ha cercato di renderli il più tracciabili possibile attraverso più comunicazioni e una maggior burocratizzazione. Il vero problema sta nel fatto che il numero esiguo di ispettori non permette un controllo efficiente ed efficace con grande difficoltà nell’evitarne l’abuso".

Per quanto riguarda il nuovo 'Libretto di famiglia', Colombo sottolinea che, "anche in questo caso, è corretto prevedere comunicazioni, sperando che la procedura non sia troppo laboriosa in quanto potrebbe scoraggiarne l’utilizzo in aree, come la famiglia, dove comunque è difficile intercettare il lavoro nero, ancora molto utilizzato".

Quanto al contratto PrestO per le micro-imprese fino a 5 dipendenti, spiega, "è una sorta di minijob alla tedesca, mentre il contratto a chiamata è una soluzione già rodata nel settore commercio con buoni risultati".

"I limiti, soprattutto oggettivi, risalgono in molti casi ancora ad attività previste nel 1938 oggi inesistenti. Liberalizzarlo ha certamente senso. Il vantaggio del contratto a chiamata è che non soggiace ai limiti sui tempi determinati e di fatto anche alla normativa sui licenziamenti: stipulo un contratto a chiamata e non chiamo più la persona", osserva.

"Di certo, in questo caso potrebbero nascere nuovi orientamenti giurisprudenziali, ma, in questo periodo di profondo mutamento nel lavoro e con l’avvento progressivo della Gig economy, è necessario riformulare la normativa sul lavoro verso regole che proteggano il lavoro, ma garantiscano soluzioni dinamiche", conclude Colombo.

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