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Crisi: Quarta (SMW), è temporary management a gestirla

05 febbraio 2016 | 16.27
LETTURA: 5 minuti

Maurizio Quarta e Enrico Pedretti
Maurizio Quarta e Enrico Pedretti

“Il temporary management interessa sempre più le aziende che lo utilizzano con maggiore frequenza, siano esse grandi o piccole, perché si è creato un nuovo mercato di gestione della crisi”. A dirlo Maurizio Quarta, Managing Partner di Temporary Management & Capital Advisors e presidente del gruppo internazionale Smw, presente oggi in sedici paesi, in occasione del convegno ’20 anni di temporary management’ organizzato da AISL_O e ospitato da Azimut.

Il tema delle crisi è stato introdotto dalla presentazione in anteprima dell’ultimo Quaderno AIFI, 'La gestione straordinaria delle situazioni di crisi d’impresa' di Roberto Chiodelli, Marco Fumagalli, Vittoria Perazzo e Maurizio Quarta. Il volume si caratterizza soprattutto per l’orientamento concreto e pragmatico, frutto dell’esperienza combinata di tutti gli autori: si presta infatti molta attenzione agli aspetti organizzativi e gestionali, con una particolare enfasi alla figura del gestore di special situation (tipicamente un temporary manager) e alla sua capacità di gestire team interdisciplinari e trasversali. Infine, aspetto ovviamente molto caro ad AIFI, ci si sofferma sul ruolo degli operatori di private equity , oggi però ancora marginale ed episodico.

“Da una recente indagine -ha spiegato- promossa da Leading Network, in collaborazione con IIM - Institute of Interim Management Italy, emerge che il temporary management è una figura professionale sempre più conosciuta dalle aziende". "L’attuale crisi - ha detto - non poteva non riflettersi sulle situazioni di utilizzo del Tm, che nel 50% dei casi è stato in operazioni di ristrutturazione aziendale, con un’incidenza particolarmente elevata nelle fasce dimensionali medie (20-100 milioni), con punte di oltre il 65%. Significativi anche i progetti relativi all’internazionalizzazione (25% per le aziende più grandi) e al passaggio generazionale (15%) e a tematiche di delocalizzazione (33% per la classe 20-50 milioni)”.

“La figura del Tm -ha affermato Enrico Pedretti, direttore marketing di Manageritalia- è contrattualmente presente in Italia da decenni, ma quello che manca è una vera domanda di dirigenti con questo ruolo e responsabilità. Non a caso, in Europa, dove le imprese familiari rappresentano l’80% del mercato dei principali Paesi, l’Italia registra il più alto livello di ceo tra i membri della famiglia e soprattutto il management fatto solo di familiari (66% in Italia contro il 35% in Spagna, il 28% in Germania, il 26% in Francia e il 10% nel Regno Unito)".

Alla base del successo del lavoro portato avanti dal temporary management ci deve essere un buon rapporto con l’imprenditore. “Le deleghe che l’imprenditore consegna al Tm -ha chiarito Gian Andrea Oberegelsbacher, vicepresidente Leading Network- possono anche non essere scritte, ma l’importante è che siano reali. Per la buona riuscita dell’incarico è fondamentale, infatti, la chiarezza della comunicazione interna all’azienda”.

Un approccio sicuramente psicologico, come sottolineato da Pier Christian Verde, presidente della fondazione Pensiero e linguaggio: “Esistono dei meccanismi inconsci -ha ricordato- che sottendono gli accordi progettuali tra persone".

"Ignorarli - ha avvertito - equivale a accumulare lo stress con la conseguenza di non raggiungere i traguardi prefissati, sia dall’imprenditore che dal temporary management. Si viene a creare, psicologicamente parlando, un rapporto debito-credito che può risolversi in modo positivo nel momento in cui prevale la chiarezza dei ruoli ricoperti dalle due parti”.

Tecnicamente, come precisato da Gianfranco Rossini, membro Gidp (Gruppo intersettoriale direttori del personale), “il ruolo e il posizionamento del Tm deve essere certo, soprattutto in vista dell’ingresso delle nuove generazioni nell’organizzazione aziendale”.

Un’organizzazione che spesso va oltre i confini nazionali. “Le pmi italiane -ha assicurato Stefano Vergani, presidente Aisom (Associazione nazionale delle imprese)- hanno necessità di utilizzare manager a tempo per i loro progetti di riorganizzazione strategica e per coprire adeguatamente strutture spesso destrutturate, facilitando nelle pmi stesse un rapporto favorevole tra imprenditore e manager. La nostra esperienza all’estero ci conferma che l’utilizzo di temporary management per obiettivi di internazionalizzazione va in questa direzione”.

Nel corso del convegno Andrea Pietrini, managing partner yourCFO Consulting Group, ha posto l’accento sulla proposta che “con Maurizio Quarta abbiamo definito ‘bancabilità’ del temporary management". "Ovvero - chiarisce - la possibilità da parte delle banche di finanziare interventi di Tm in aziende loro clienti, senza dover incorrere nei rischi legati a un loro coinvolgimento diretto nella gestione. Una possibile direzione su cui lavorare è a livello legislativo e normativo, attraverso la rimozione dei problemi legati all’eterodirezione, ciò che consentirebbe alle istituzioni bancarie di finanziare un progetto di Tm, dando così modo all’azienda di portarsi ‘in casa’ le competenze necessarie”.

Il temporary management è comunque una figura contrattualmente in evoluzione. “Il Jobs act- ha ricordato il giuslavorista Marco Marazza- apre nuovi scenari sul mercato delle professioni. Il lavoro autonomo registra profondi cambiamenti anche grazie allo Statuto dei lavori autonomi che sicuramente porterà delle novità anche per il Tm".

"Si può anche ipotizzare la costituzione di agenzie di somministrazione che offrano figure iperspecializzate quali appunto il temporary management, così come contratti di rete attraverso i quali due o più imprese possono assumere lo stesso manager per fini, ad esempio, di internazionalizzazione o penetrazione in nuovi mercati”, ha concluso.

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